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2013

Fortunati, sì. Con alcuni accorgimenti saremo anche belli

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Ancora un rigore, ancora all’ultimo minuto. Si possono dire tante cose sulla Sampdoria, di certo non utilizzeremmo aggettivi come “noiosa”, “piatta”, “apatica”. Magari potremmo citare la frase con cui si apre il monologo clou del film Matchpoint: 

«Chi disse: “Preferisco avere fortuna che talento” percepì l’essenza della vita.»

Perché vincere all’ultimo minuto con un calcio di rigore ti dà esattamente i tre punti che avresti ottenuto giocando con l’organizzazione, l’equilibrio difensivo e la capacità di imbeccare i nostri attaccanti ed i nostri veloci esterni. Ma te li dà in un pacchetto che comprende una dose di goduria e gioia nettamente superiore. 

Ma andiamo con ordine: nelle analisi post-partita si è soliti partire dal risultato per astrarre ragionamenti completi e sensati. In realtà, nell’analisi della partita della Sampdoria, il risultato è decisamente fuorviante. Perché sostanzialmente la prestazione della Sampdoria, contro un Livorno ben diverso da quello che stava sorprendendo in positivo, non è stata migliore di quelle passate. In difesa i patemi sono sempre dietro l’angolo, le disattenzioni sono il vero comune denominatore delle uscite blucerchiate. Quando l’avversario si carica ed attacca con continuità, spinto dal calore del proprio pubblico, la difesa non ha la forza di alzare la testa e nè KrsticicObiang hanno il coefficiente di talento ed esperienza adeguato per far uscire la squadra da quelle determinate situazioni. È vero, non abbiamo mai avuto così tante palle goal: più che da intuizioni dei nostri beniamini, sono però scaturite dalle voragini che il Livorno si è concesso nel tentativo di trovare il goal del pareggio. E se proprio vogliamo puntualizzare, c’è da dire che in tutte quelle occasioni Eder, che con la sua rapidità ha messo a ferro e fuoco la difesa labronica, ha preso la decisione peggiore possibile. 

Benino insomma, ma si può far meglio. C’è il margine per migliorare: un giorno vedremo il tridente con Sansone, Eder e Gabbiadini, e magari anche un terzetto arretrato composto da difensori di ruolo. Ma una base da mantenere per il futuro c’è: è la fortuna. Quella non basta mai. 

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