A campionato concluso paradossalmente gli impegni per Massimo Ferrero aumentano a dismisura. Tra le trasferte londinesi per il calciomercato blucerchiato, gli incontri societari per delineare il futuro di diversi tesserati e l’impegnativo, seppur frivolo, tour di presentazione del libro “Una vita al massimo”, ci si chiede se il presidente romano riuscirà a mantenere costante quel legame diretto con la piazza, enfatizzato da apparizioni televisive e passaggi radiofonici.
Se a questa domanda si dovesse dare una risposta nella giornata odierna, questa sarebbe un sì. Ai microfoni di Radio2, il patron doriano ha rilasciato diverse dichiarazioni, spaziando dal passato al futuro con la consuete ironia alla quale, da quasi un anno a questa parte, abitua ogni amante del calcio. Se gli aneddoti e le dichiarazioni si sprecano ogni volta che il vulcanico vertice societario viene interpellato, sull’addio di Sinisa Mihajlovic appare schietto, quasi brusco il Viperetta: «Volevo fare un grande progetto. Avevo un bel feeling con Sinisa, ma ha scelto altri lidi. Ora camminerò da solo». Di ben altro colore, invece, risultano le altre parole spese all’emittente in questo afoso pomeriggio; lo si percepisce quando il presentatore passa dal rapporto tra un tecnico e il suo presidente, a quello trai vari numeri uno della Serie A: «Che effetto mi fa essere un presidente? Nessuno. I presidenti sono come noi. Sono solo “figli di” , miracolati, magari, ma come lo sarà mio figlio. Miracolati nel senso che i padri hanno lasciato loro qualcosa». Sono diversi i colleghi con i quali Ferrero ha legato, quello più noto è senza dubbio Andrea Agnelli, il vincente pilastro juventino per il quale l’intervistato nutre parole di miele e stima profonda: «È una bravissima persona, un bravo presidente che ama il calcio. Una volta gli ho fatto una battuta: “Io e te abbiamo una cosa in comune, i nostri papà”: il suo costruiva l’autobus e il mio lo guidava».