2014

Ferrero: «Delio Rossi guadagna senza lavorare. Mi proposero Ronaldinho e Adriano»

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Massimo Ferrero non è certo un uomo di poche parole. Questo è ormai chiaro a tutti. Lo si era capito già da quel memorabile 12 giugno, quando acquistò il club ed ebbe luogo la sua prima intervista da presidente blucerchiato.

Da allora abbiamo imparato a conoscerlo sempre meglio. Tanti i momenti che hanno mostrato di che pasta sia questo nuovo ma già celebre personaggio del calcio italiano. Da quell’epica frase di Sinisa: «Ho chiesto al presidente se puntiamo alla salvezza. Lui mi ha risposto Europa» al simpatico siparietto con un tifoso su twitter: «Presidente, se compriamo Osvaldo mi faccio fare una sua statua in giardino». «Allora inizia a chiamare lo scultore».

Quello che scopriamo nella bellissima intervista di Malcom Pagani per 11, è però un Ferrero diverso, non quello delle battute e delle esultanze. Un presidente che si racconta e parla del suo passato, che affronta temi diversi senza peli sulla lingua.

«Non sono una macchietta» inizia. «La vita, nel quartiere Testaccio, non era uno scherzo. Ho fatto il macellaio, il fornaio, l’aiuto segretario, il segretario, l’organizzatore. Mi industriavo. L’ho sempre fatto lasciando ad altri salotti, amici importanti, padrini e padroni. Mio padre mi ha insegnato che conta di più essere credibile che ricco. Se mantieni la parola data tutti ti rispettano». Questo il suo biglietto da visita.

Ferrero è anche entusiasta del clima  e la passione trovati a Genova, e quando gli viene chiesto un parere sui 20.000 abbonati e sulle ambizioni di questa Samp risponde prima con un: «Forse perché sono simpatico», e poi: «Non temiamo nessuno. Ho un allenatore straordinario, una squadra formata da venticinque bravissimi ragazzi che mi amano e che adoro e decine di giovani che si stanno facendo le ossa in giro per l’Italia. Sinisa mi ha detto che ambisce a sostare stabilmente nella parte sinistra della classifica, io mi auguro si sbagli per difetto. La palla bisogna afferrarla e metterla dentro»

Riguardo alla questione Delio Rossi il parere del presidente è chiaro: «La Sampdoria aveva un tecnico di nome Delio Rossi. Fece 9 punti in 11 partite e andò a piangere da Garrone spiegando al mio predecessore, un galantuomo, che non aveva più la squadra in mano. Invece di ricevere una stretta di mano e tanti auguri per il ritorno al paesello d’origine, Rossi venne licenziato. Non so quanto tempo sia trascorso da allora, ma so che continuo a pagare il signor Delio Rossi e tre persone del suo staff per stare comodamente a casa. Ho provato a incontrare l’allenatore per risolvere il contratto tra persone ragionevoli e cercare una transazione. “Non mi conviene” mi ha detto. Questo è il calcio italiano. Un luogo in cui gli affari saltano perché i diritti di veto, i sindacati e l’arbitrio del singolo sono più importanti dell’interesse generale. Così fino a quando qualche benemerito non avrà pietà di me e assumerà Rossi per farlo lavorare in un’altra realtà, le cose continueranno ad andare così. Spero che il tecnico sia in pace con la sua coscienza perché a incassare uno stipendio senza muovere un dito, io mi vergognerei. Mi tremerebbero le mani».

Ne ha anche per Renzo Ulivieri, “colpevole” di aver frenato la sua idea di mettere Rossi ad allenare i fuori rosa: «Ulivieri ha sbagliato mestiere e crede di essere Robin Hood. Mi ha scritto una letteraccia. Non gli ho risposto. Posso solo sperare in un domani diverso»

Neutro riguardo Preziosi, nonostante le battute pre-derby:  «Preziosi? Non lo conosco, sono nel calcio da poco, la gente “preziosa” non fa parte del mio universo di riferimento»

Molto più agguerrito e deciso riguardo le questioni stadio e sicurezza. Un tema alquanto caro a Ferrero, che senza usare mezzi termini afferma «Prima o poi occuperò il Comune di Genova perché pagare oltre un milione di euro all’anno per ritrovarsi in tribuna d’onore con i seggiolini arrugginiti è un non senso che grida vendetta. L’idea è quella di riportare le famiglie a godersi lo spettacolo e, per realizzare il progetto, bisogna stravolgere il sistema. Il calcio è un’azienda e va gestito con regole precise. Se cercate il mecenate che butti 30 milioni di euro l’anno nella spazzatura, rivolgetevi altrove. Non voglio guadagnare, ma riportare normalità in un microcosmo impazzito in cui violenti, provocatori e rompicoglioni hanno carta bianca per trasformare una festa in un percorso di guerra»

Non appena Pagani però gli ricorda alcune improbabili ipotesi di mercato che si erano vociferate a giugno, nello specifico Ronaldinho ed Adriano, torna prontamente a galla il “Ferrero style”:  «Ci chiamiamo Sampdoria, non siamo i Globetrotters, e di Adriano, ho già un cinema con questo nome».

 

 

 

 

 

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