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Ferrara piange Maradona: «Un Dio umano, mai sul piedistallo»
Ciro Ferrara, ex allenatore della Sampdoria, ha voluto ricordare il suo ex compagno e amico Armando Maradona scomparso nella giornata di ieri
Ciro Ferrara, in un’intervista a Repubblica, ha voluto ricordare il suo ex compagno e amico Armando Maradona. L’ex allenatore della Sampdoria ha raccontato molti aneddoti sul fenomeno argentino scomparso ieri all’età di 60 anni.
L’ALLENAMENTO IN CANTINA – «Era un tapis roulant. Diego si era sistemato una specie di palestra in cantina, sapete, i nostri erano tempi artigianali. Ci correva sopra. E lo faceva anche quando non veniva ad allenarsi con noi, quando era rimasto a dormire un po’ troppo, quando tutti lo davano per perso: e invece Diego galoppava da solo, là sotto».
IL DOLORE – «La parola giusta è amore. Ho cominciato ad amare Maradona quando avevo diciassette anni, giocavo nel Napoli e gli davo del lei. E ho continuato per trent’anni. Bellissimi. Perché non c’erano distanze, non c’erano oceani tra noi. L’ho stimato, l’ho conosciuto credo come pochi ma amato come tantissimi: era impossibile non farlo. Per la sua profonda, straripante umanità. Per la vicinanza con tutti. Era un dio, ma nessuno è stato più umano di lui. Mai una volta l’ho visto salire sul piedistallo, essere superbo. Quando doveva dirti che avevi sbagliato un pallone, un passaggio, una giocata, aspettava che lo spogliatoio si svuotasse, ti prendeva da parte e ti spiegava. Nella mia vita, Diego è stato una presenza immensa».
LUCI E OMBRE – «Non si possono separare e non sarebbe giusto. Lui non si è fatto mancare niente, ha vissuto ogni cosa al massimo, smodatamente. A volte, la notte sentivo alzarsi dal garage il rombo della sua Ferrari. E così il giorno dopo, al campo d’allenamento, quando Diego tardava e i compagni mi guardavano interrogativi, ‘e allora, Ciro, lui che fa?’, io rispondevo ‘ragazzi, mi sa che oggi non viene’. Ma poi lo trovavo ad allenarsi da solo, come un forsennato».
NEL CALCIO DI OGGI – «Sarebbe sempre il più grande, senza confronti. Sarebbe ancora il Sole al centro dell’universo. Avrebbe per sé più scienza, forse più protezione ma alla fin fine sarebbe sempre il più forte calciatore di tutti i tempi. Nelle difese schierate a zona, Diego farebbe una strage di gol. La sua tecnica non era di questo mondo. Lui amava il pallone come un bambino in strada: la palla di stracci di quand’era bambino, la palla degli scudetti e della Coppa del mondo. Perché non erano cambiati né la palla, né il bambino».
DIEGO PERSONA – «Un generoso nato. Una persona che si dava senza risparmio, ogni giorno e a tutti. Se lo avessero circondato in duecento, e se avesse sentito in quel trambusto la mia voce, lui si sarebbe fatto largo per venirmi ad abbracciare. Ecco chi era. Tutta vita, e basta».