2015
Fernando, il volante blucerchiato: «Darò il massimo. In Ucraina…»
Appena arrivato, ha scatenato gli incitamenti dei tifosi blucerchiati, vogliosi di vederlo all’opera. Forse Fernando Lucas Martins sarà rimasto un po’ sorpreso, ma in maniera piacevole: «Ho sentito applausi dalla torcida (la chiama così, ndr). Mi hanno fatto piacere. Spero di raggiungere la forma migliore al più presto: non giocavo da un po’ di mesi». Queste le prime parole dell’intervista concessa dal brasiliano a “Il Secolo XIX”: Fernando arriva dallo Shakhtar Dontesk, dove è cresciuto all’ombra di Lucescu. Ora verrà allenato da un altro giramondo come Walter Zenga.
SERIE A E XABI – Proprio Lucescu l’ha lasciato un po’ in panchina negli ultimi tempi: «Nessun problema tra noi, sono state sue scelte. Eravamo parecchi brasiliani nella rosa e lui ha spesso escluso me». Cambia molto dall’Ukrainian Premier League alla Serie A: «Il calcio italiano rappresenta per noi brasiliani un punto d’arrivo del “sonho europeo”. In Brasile si parla ogni giorno delle squadre italiane. Della vostra cultura. In passato avevo già avuto contatti con Napoli e Fiorentina, ma non se ne era mai fatto niente». Anche il Real l’ha cercato per sostituire l’anno scorso Xabi Alonso, passato al Bayern: «Se n’è parlato per un po’… poi ho incontrato davvero Xabi, in Shakhtar-Bayern di Champions. E mi sono spaventato: è fortissimo».
UCRAINA – La guerra ha avuto un ruolo importante nella scelta del mediano di lasciare l’Ucraina: «Tanto. Gli ultimi mesi sono stati molto difficili. La mia vita era casa-campo d’allenamento. Di sera non uscivamo, di giorno pochissimo. Accendevi la tivù e sentivi il bollettino dei morti: un giorno cinquanta, un giorno trenta… non ho mai visto combattimenti, ma ho visto i caccia volare e sentito il rumore degli spari. Poi hanno bombardato anche il nostro stadio e siamo stati costretti a emigrare tra Kiev e Leopoli. Eravamo sempre in contatto con l’ambasciata brasiliana e c’era pronto un piano di fuga se le cose fossero precipitate. I miei mi chiavamo dal Brasile e mi dicevano di tornare. Ho avuto paura, ma per fortuna non ci è successo niente».
ESORDI E BRASILE – La Samp è nel suo destino, se pensiamo che l’allenatore che ha portato Fernando in prima squadra al Gremio è Paulo Silas, che ha giocato con la Samp nel 1991-92: «No, davvero? Io sono nato nel 1992. Ho sentito parlare di Toninho Cerezo, mi hanno detto che ha scritto la storia della Sampdoria». Facente parte dell’U-20 brasiliana, Fernando ha poi esordito in nazionale maggiore proprio contro l’Italia nel 2013: «Ero in ritiro con il Gremio, era la vigilia di una partita. Sento bussare alla porta un mio compagno, Werley. Mi dice: «Guarda che ti hanno convocato…». Subito non ci credevo, poi ho acceso la tivù e l’ho visto anch’io. Nel mio ruolo c’è grande concorrenza: adesso in Serie A spero di riacquistare visibilità».
VOLANTE – Il “volante” – ruolo di centrocampo – è diverso tra il Sud America e l’Italia: «Il volante in Sudamerica è un calciatore del mio ruolo, in Italia quello dell’automobile…». Il brasiliano come “volante” è un po’ strano da vedere: «Vero, c’è questo concetto del brasiliano come attaccante. Da Pelé in poi è stato sempre così. Ma nel calcio servono anche difensori e centrocampisti. Io ho iniziato a fare l’attaccante quando avevo sei anni, poi verso i dieci un allenatore mi ha spostato a centrocampo, visto che ero messo bene di fisico. Adesso mi piace molto questo ruolo». Se la giocherà con capitan Palombo, che ha già il suo numero 17: «Lo so, infatti ho preso il 7, che mi porta fortuna».
PUNIZIONI E DERBY – Su YouTube ci sono diverse compilation dei suoi gol su punizione: «In Brasile è una specialità. So che qualcuno ha tecniche particolari, ma io no. Già ai tempi del Gremio mi allenavo a batterle. Segnare su punizione mi dà grande soddisfazione. Ci provero anche in Serie A». Fernando vivrà il Derby della Lanterna, ma quello di Porto Alegre tra Gremio e Internacional è molto interessante: «Il più famoso del Brasile, perché è quello del Rio Grande do Sul, la regione più grande e con il maggior numero di squadre. Una sfida che si vive tutto l’anno, che affonda le radici nella cultura e nelle tradizioni. Proprio come il derby di Genova, perché me ne hanno già parlato. Sono molto curioso di giocare il vostro derby».