2013
Esclusiva Stadio/3 – Arch Zavanella: «Lo stadio si può fare. Unico ostacolo la burocrazia»
«Uno stadio di proprietà può far aumentare del 15-20% gli introiti, che passerebbero da 42 a 50 milioni di euro l’anno». Parole di Edoardo Garrone, pronunciate all’alba della sua presidenza alla Sampdoria. Ecco il punto: nel 2015 il mondo del calcio dovrà metabolizzare il calo del circa 30% della sua prima voce di introiti, i diritti tv. Se possiamo asserire che il “piano quadriennale che prevede un ridimensionamento del monte ingaggi e investimenti mirati nel settore tecnico” è già decollato, non possiamo sostenere che i ricavi derivanti dalle “fonti alternative” stiano già incidendo nelle casse di Corte Lambruschini. Dunque, lo studio di fattibilità dello stadio alla Fiera rappresenta il futuro della Sampdoria, per garantire al club circa 50 milioni di euro all’anno da investire sulla squadra. Ed ecco che il parere positivo sulla sostenibilità economica dello studio Cbre ed il successivo via libera del Comune di Genova (uno dei problemi in ballo è il costo delle aree) si riveleranno elementi fondamentali.
Per stimolare il dibattito sulla questione, abbiamo chiesto un parere a uno dei massimi esperti del settore, l’architetto Gino Zavanella. Torinese di nascita ma romano e viareggino di adozione, nel corso della carriera di Zavanella annoveriamo diversi progetti di impiantistica sportiva, tra cui lo Juventus Stadium. Per farvi capire la sua personalità, prendiamo a prestito la sua “massima”, che racchiude l’essenza dello stadio moderno: «La mia idea di stadio si rifà all’agorà, un luogo di aggregazione e di cultura. Una condivisione comune di un grande spazio per riceverne piacere e benessere, che va oltre la partita. La partita dura due ore, ma queste strutture potrebbero vivere ogni giorno, per tutto l’anno».
Zavanella, lo stadio alla Fiera è un’operazione fattibile dal punto di vista tecnico?
«Ho seguito la vicenda dai giornali. Se la Sampdoria ha scelto questa strada, penso che l’abbia meditata bene e che sia percorribile, visto che trovare un’area a Genova non è semplice».
È possibile far convivere la struttura dello stadio con quelle di strutture ludico-ricreative senza che si pestino i piedi a vicenda?
«Uno stadio deve inserirsi nel tessuto urbano. Lei mi insegna che uno stadio per vivere ha bisogno di infrastrutture, parcheggi e servizi e farli per tutta la città, non solo per l’impianto calcistico. Oggi pensare di fare una struttura sportiva fine a se stesso, esclusivamente per il calcio, sarebbe impensabile. Lo stadio costa tantissimo alla comunità anche in termini di disagi e quindi deve restituire servizi alla città, questa strada è obbligatoria».
L’idea di progettare uno stadio vicino al mare è innovativa?
«Il problema è sempre quello: non esiste un modello di stadio o una zona migliore di un’altra. Ogni stadio e ogni città è una storia a se, che dipende dalle scelte urbanistiche, politiche e sociali. Genova ne è l’esempio per le sue caratteristiche del territorio e le difficoltà nel cercare i luoghi. È evidente che la scelta non sia facile. Non conosco nel dettaglio la cosa ma penso sia una scelta quasi obbligata».
Come potrebbe essere risolto il problema della viabilità e della sosta?
«Quando si affronta la progettazione di uno stadio, è fondamentale predeterminare queste cose nel progetto di fattibilità. Io non ho soluzione a questo problema. Credo che sia obbligatorio avere ben chiare le conseguenze nei confronti della città e del traffico già nel piano di fattibilità, che viene prima del progetto architettonico. Se effettivamente ci sono attività importanti e di grandi flussi già in quella zona (Salone Nautico, ndr) e se si riuscisse ad alternare le manifestazioni, il gioco è fatto».
Tempistica per la realizzazione dei lavori, se dovesse arrivare il via libera dagli organi competenti?
«La realizzazione dei lavori è ormai più o meno standardizzata. Per uno stadio come quello della Sampdoria, che ritengo avrà 30.000 posti, dico che dovrebbero servire tra i 24 ed i 48 mesi per completare l’opera».
Com’è la situazione dell’impiantistica sportiva in Italia?
«In Italia va risolto il problema della burocrazia che è difficile da superare. Noi stiamo progettando alcuni stadi che non partono per le lungaggini burocratiche e la non chiarezza delle norme. Siamo in grande ritardo su questo tema. Non si riesce mai a capire se una città voglia o meno l’impianto. Credo che ci sia molto lavoro da fare, basti pensare che la legge sugli stadi è ferma da quattro o cinque anni. Ma non è solo quello: è anche colpa della volontà politica locale».
Intanto, come avevamo già specificato, a novembre ci sarà il verdetto sulla sostenibilità economica riguardante lo Stadio alla zona Fiera.