2015
E ora non svegliateci…
Ferrero, prima di Parma e in mezzo a mille voli (di lavoro e di fantasia), l’ha definita in uno dei suoi tweet: SampGloria. Accezione di mantovaniana memoria, che fa rima con la Sampd’Oro, termine quasi inavvicinabile e innominabile almeno da diversi anni a questa parte. Ma attenzione, perché oggi a parlare di SampGloria non si esagera affatto. E il cinguettio ci sta tutto, figgeu. Ma fatemi fare marcia indietro, perché non voglio partire dal presidente. Non stavolta.
Quanta poesia in Parma-Sampdoria, quanta. Guardatela bene, anzi riguardatela: e non parlo del 2-0 potente, da squadra importante, primo tempo di controllo e poi via, due accelerate letali; non parlo neppure del Toro Bergessio, che si è sbloccato; e nemmeno del terzo posto in classifica, ancora quello sì, terzo posto terzo, aria di Champions al giro di boa; e in fondo neppure di un Duncan immenso, di una fase difensiva solida, di un Eder letale in ripartenza. Roba pesante, tutta, per carità. Ma non voglio partire da lì, forse non voglio neppure parlarne. Perché a questo giro mi va di parlare di una partita, Parma-Sampdoria, in cui ho visto tanta di quella poesia come non mi capitava da tempo. E allora parto dai, provate a seguirmi.
Parto da un sorriso, il più importante e meno scontato, almeno dopo averlo ascoltato alla vigilia del Tardini: parto dal sorriso di Sinisa Mihajlovic. Naturale, grande, di soddisfazione, fiero di sé e dei suoi, della splendida macchina che ha costruito fin qui, un piccolo gioiellino e quasi quasi pure un piccolo miracolo. L’ho osservato bene, in quel sorriso a fine gara, il mister, e un poco vi dico che mi ha intenerito: ci ho visto l’umanità di un sergente di ferro, e forse la consapevolezza di poter provare a sognare fino alla fine e per davvero, stavolta. Stavolta sì. Ma non c’era solo Sinisa, dentro questa strana domenica. Perché Sinisa è il presente (e speriamo il futuro), ma in mezzo a quei novanta minuti c’era pure tanto passato, e tante sofferenze e grida di gioia della Samp che è stata, guardandosi dietro. Dal suo sorriso mi sposto allora sui tanti ricordi che mi tornavano su, mentre seguivo le sgroppate di Eder. Tutti in una botta sola, in una gara sola: che bastardo di sport che è il calcio, se ci pensiamo bene. Dall’oggi a ieri, pagine del recente passato che insieme, forse, han voluto davvero dire qualcosa. Chissà, mentre la gioia invoglia tutti a non svegliarsi mai.
Prima del sorriso di Sinisa, dicevo, c’è stato tanto. E non parlo del campo, non di quello. Non del campo buono per tabellini e statistiche. E allora ho visto capitan Gastaldello seguire i suoi dalla panchina, forse per l’ultima volta: un grande capitolo che potrebbe chiudersi, già abbondantemente chiuso dalla solida coppia Silvestre-Romagnoli e da qualche offerta che gli “frulla” in testa, come ha detto lui. Pagina già mezza girata, che come tutte le pagine che giri hanno sempre un sapore particolare e difficile da descrivere. Pagina mezza girata in mezzo a tante altre. E allora ho seguito pure “Ruspa Rispoli”, sulla fascia ducale, piedi ruvidi, generosi, e tanti errori grossolani sui quali ricordo di aver imprecato in passato. E poi quel maledetto di FantAntonio, le sue verticalizzazioni nel deserto e quella faccia da bimbo annoiato. I suoi lampi senza luce, stavolta. E ancora Andrea Costa, il capitano della vendetta su Icardi, a volerla dire un pochetto troppo da tifoso e un po’ troppo poco da cronista. Ho cercato pure Gianni Munari, a un certo punto, ma un amico mi ha detto che è al Watford, pensa te. Ricordi su ricordi, che alla lunga ti commuovi se ci pensi bene, non puoi fare altro. Ad aiutarti alla fine ci pensa Pozzi Nicola, per tutti e per sempre solo e semplicemente Nik: l’ingresso in campo, una prestazione da “senza voto”, e poi quel coro che, purtroppo, mi hanno solo raccontato perché non ero presente al Tardini. Il coro di Varese, mi hanno detto, e me l’ha detto gente di cui mi fido. E allora Parma-Sampdoria, in questa domenica strana, è stata 2-0 e tre punti, sì, ma alla fine è stata anche e soprattutto altro. Un passato che saluta, forse mai come oggi in maniera definitiva, e un presente che lotta per venir fuori e costriure un futuro da sogno.
Piedi per terra, ha detto Sinisa, che però alla fine un sorriso ben fatto l’ha tirato fuori. Il tutto prima di entrare in una settimana che trasuda entusiasmo e incroci da “sliding doors” pazzeschi, senza nemmeno dover spiegare il perché: Eto’o, Muriel, una gara affascinante da giocarsi con l’Inter, il ritorno di Iachini al Ferraris col suo terribile Palermo. Nel mezzo a Cesena, guardandosi attorno, Maxi Lopez ha segnato all’esordio col Toro gettando in rete un gol quasi identico all’unico in blucerchiato, proprio all’esordio, lo scorso anno nel Derby. Pazzesco. Ma qui vado troppo fuori tema mi sa, i britannici direbbero “it’s not my business”. Di certo però sembra un sogno, dai. Oppure un film ben fatto, ma fatto davvero bene. Chissà che Viperetta non ci possa lavorare sopra, un domani.
E allora non svegliarti Sampdoria. E al tempo stesso non deconcentrarti, non mollare un centimetro, resta sul pezzo. Credici. Credici. Credici.