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2015

E ora chiudere la pratica

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Quattro squilli, e potevano pure essere di più ma ci si può tranquillamente accontentare. Quattro schiaffi al campionato, alle inseguitrici, quattro schiaffi pure a sé stessa. La Sampdoria torna SampGloria in quel di Udine, nel momento cruciale della stagione, a tre turni dal traguardo e con due gare da giocare in casa. Lo fa con un 4-1 perentorio, muscolare, frutto della compattezza e dell’organizzazione, figlio del grande carattere messo in campo e accompagnato da una brillantezza fisica che fa davvero ben sperare. Lo fa, oltretutto, senza pedine importanti tenute lontane da squalifiche e infortuni. Lo fa con grande merito, a partire dal proprio allenatore. Inizio con Mihajlovic, giustamente tirato in causa nei momenti no e oggi, senza dubbio, da lodare.

Parto dal mister perché non mi piacciono e non mi sono mai piaciuti i discorsi “pallonari”, e neppure le chiacchiere da bar o le crociate “social”. A Sinisa nell’ultimo mese sono state mosse critiche corrette, critiche che lo stesso allenatore ha saputo analizzare per ritrovare la bussola e suonare la carica; critiche però talvolta divenute eccessive, a-prioristiche e poco lungimiranti. Per questo credo sia giusto soffermarsi su una certezza di fondo, mai messa in discussione se non erroneamente: la Sampdoria e il suo tecnico avevano e hanno valori importanti, qualità offuscate nell’orrido mese di aprile da momenti di appannamento ma comunque innegabili. Pregi coperti dai difetti fino alla Juve, pregi che fino alla gara con la Lazio saranno ora esaltati alla massima potenza. Io qui perciò suggerisco per l’ennesima volta solo una cosa, e lo faccio per il bene dell’ambiente e al fine del raggiungimento dell’obiettivo europeo (ampiamente, e ri-sottolineo ampiamente meritato): continuiamo tutti a rimanere calmi, sorridendo, perché è giusto così, ma a 270 minuti dalla fine nessuno deve perdere l’equilibrio. Con l’equilibrio e il silenzio, infatti, sarà senza dubbio più semplice evitare sclerotizzazioni inutili che possano distrarre dall’unico oggetto dell’attenzione da qui al 31 maggio: il campo.

Insomma via le chiacchiere, i rumors di mercato, le simpatie e le antipatie, i curriculum, gli sbalzi d’umore, la permalosità. Il diktat l’hanno dato gli Ultras, all’aeroporto, prima di Udine: “Noi ci crediamo”, hanno scritto, invitando alla compattezza senza troppi discorsi. Fatti e zero fronzoli, strada scelta pure da Mihajlovic in Friuli e strada che, non a caso, ha portato in dote il bottino pieno. E allora ero partito da lui e a lui mi ricollego, dopo la doverosa parentesi “ambientale”.

Sinisa ha il grande merito di esser tornato alla vittoria e di averlo fatto ragionando umilmente, “da zero a zero” come si dice, attraverso scelte oculate, logiche e pragmatiche. Raziocinio e un pizzico di coraggio: perché non è semplice, per esempio, inserire Djordjevic per Eto’o in avvio di ripresa, ignorando Bergessio e Okaka e rischiando il pubblico linciaggio. Non che i due avessero fatto bene, fin qui, ma il messaggio del serbo credo sia stato chiaro: in questo finale gioca chi ha sangue nelle vene, non importa si chiami Wszolek (felice per lui, a proposito) o chicchessia. Messaggio recepito da chi è sceso in campo, si spera anche da chi ha guardato la gara. In mezzo tanto altro: Soriano tornato lui, e non solo per la doppietta. Muriel di nuovo prezioso e poi la mediana, personalmente da tempo invocata e straripante a Udine. Palombo sempre attento, Acquah e Duncan giganti (non escano più, da qui in poi, mister). E poi nella globalità un gruppo compatto, pimpante e volitivo, se si volesse trovare un difetto direi fin troppo sciupone perché 4 gol vanno stretti ai blucerchiati.

Bene così, ora si tratta di cancellare il passato senza dimenticarlo, con la certezza che se si è lì i motivi ci sono tutti così come i meriti. Orgogliosi di potersela giocare senza paura, con la spinta del proprio pubblico di fronte a Lazio e Parma e con la voglia di aggredire l’avversario nell’insidiosa trasferta di Empoli. Via i discorsi, ripeto, le congetture e le confutazioni, il “pissi pissi bau bau”. Adesso l’unica cosa che conta è chiudere la pratica che fa rima con Europa. Il resto verrà dopo, più tardi, in uno spazio temporale che oggi va visto come un millennio più in là.

Bentornata Sampdoria. Ora vai, mordi l’erba. E prenditi ciò che ti spetta.

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