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2013

È magia, Sinisa

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C’è chi si diverte con gli sberleffi a Jonathan, esterno brasiliano dell’Inter, ricordando il successo giapponese di Orange Road, in Italia distribuito come “È quasi magia, Johnny”, anime degli anni’80 che raccontava le vicende amorose di un giovane ragazzo abile telecinetico, la cui sigla è diventata il leitmotiv del climax ascendente di Jonathan, amichevolmente rinominato Johnny; poi c’è chi, invece, la magia la fa davvero e non quasi, e quel qualcuno si chiama Sinisa Mihajlovic.

La magia avviene perché alla vigilia io stesso mi sarei accontentato di un pareggio, che tral’altro avevo anche pronosticato: uno 0 a 0 in una partita dura, come d’altronde è stata, pregna di cartellini figli di falli tattici a centrocampo, come Palombo ben può testimoniare, ma con entrambe le reti inviolate, rispettando gli oltre 500 minuti di imbattibilità di Puggioni e la grinta di un Da Costa che ce l’avrebbe fatta – e ce l’ha fatta – a tenere lo score fermo sullo zero. Felice di essere stato smentito, felice di poter dire che se abbiamo vinto con questo Chievo, con la squadra di questo allenatore che risponde al nome di Eugenio Corini, in questo stadio, che è il Bentegodi, mattatore già con l’Hellas poche giornate fa, non dovremmo temere più nulla.

Qualcuno potrebbe ridire sottolineando che Inter e Lazio le abbiamo incontrate nel momento peggiore della propria stagione, quando era facile bloccarne e impedire loro il passaggio; che il Catania era il fanalino di coda che non doveva impensierirci, e che quindi una vera prova di forza ancora ci mancava, Verona a parte in Coppa Italia. Mihajlovic, quindi, ha voluto accontentare tutti conquistando e vincendo la battaglia più ostica. Perché Corini da quando è tornato in maglia clivense aveva collezionato tre vittorie consecutive in campionato, compreso il derby, aveva chiuso la porta di Puggioni e aveva trovato quasi gli stessi punti della Juventus. Un ruolino interessante, infarcito anche da una dichiarazione d’amore del Genio alla Sampdoria: «In estate mi aveva cercato una grande squadra». E non sto qui a spiegarvi a chi si riferiva.

Tra i due subentrati che hanno cambiato faccia alla propria squadra è Mihajlovic a spuntarla, a chiarire che la rosa migliore, che l’allenatore migliore, è a Genova, sponda blucerchiata. Supportato dalla rinascita di alcuni elementi che finalmente stanno maturando: parliamo di Roberto Soriano – criticato e bersagliato per mesi, e con lui anche chi lo difendeva e lo elogiava – parliamo di Manolo Gabbiadini, che corre, tira, segna, gioca e fa giocare, parliamo di Garcia Renan, che schierato a centrocampo ha fatto il suo dovere in mediana, senza farci piangere per l’assenza di Obiang, quest’anno onnipresente colonna della nostra mediana.

Ora la domanda è: quanto durerà la magia? O ancora: quando la magia diventerà realtà? Lo sapremo sicuramente domenica, contro il Parma, squadra privata della sua stella più lucente, del suo astro più nascente, del suo campione più nitido. Mi piace pensare che l’abbia fatto volutamente, per amore, per affetto, e non per paura: perché la sua assenza toglie tanto al Parma e toglie quel tanto che basta alla Sampdoria per farcela ancora. Come l’ultima volta.

Il romanticismo un giorno mi ammazzerà. 

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