2013
Dove c’è Raiola, non c’è casa: adieu, Sergio
«Le disgrazie non vengono mai da sole», diceva un famoso detto popolare. Guardando la vicenda di Sergio Romero e del suo trasferimento al Monaco, mai parole furono così profetiche: l’argentino, amato dal popolo blucerchiato e parzialmente ricambiato dal “Chiquito”, sembrava ormai ancorato alla nave del Doria anche per la prossima annata. Un accordo importante per entrambe le parti: la Samp avrebbe avuto in porta un nome di grido, che doveva riscattarsi da una stagione in chiaroscuro; Romero avrebbe avuto lo spazio e la tranquillità necessaria per giocarsi tutto nell’anno del Mondiale, dove avrebbe dovuto essere protagonista con la sua nazionale.
Poi, è arrivato un signore, che tende a mettere scompiglio ovunque vada e che ha come unico obiettivo il vile denaro. Per carità, non gliene facciamo una colpa in un’epoca così materiale; tuttavia, quando è comparso il nome di Mino Raiola nella vicenda del rinnovo contrattuale dell’argentino, è stato facile capire come sarebbe andata a finire. Raiola, vorace come una termite in vista del legno, non c’ha messo un attimo a far capire che al suo assistito non conveniva un accordo di prolungamento, che avrebbe previsto anche la spalmatura dell’ingaggio (da un milione e 700mila euro all’anno) fino al 2017. Anche perché, se no, il malcapitato Raiola cosa c’avrebbe mai guadagnato? Non sia mai che lui ci vada a rimettere qualche “dindo”.
Lui è fatto così: è il signore che si fece stipendiare dal Barcellona per un anno quando Ibrahimovic tentò (senza successo) l’avventura in Spagna. Un milione e 200mila euro netti che i blaugrana recapitavano a questo ex pizzaiolo, dalla storia così famosa che ormai è tipica: l’italiano che si è fatto da solo, che si è costruito una società di intermediazione – l’Intermezzo – che ha rappresentato la base da cui è poi partito il suo impero. Una sorta di guascone, seppur poliglotta (parla sette lingue), che sarebbe capace di sfilare soldi anche a zio Paperone, se esistesse veramente. Rincorso dai giornalisti a più non posso, Raiola è la mente dietro quest’addio. Al Monaco, il buon Romero guadagnerà quanto basta per sfamare anche questo signore, che potrebbe essere ricordato con un famoso proverbio italiano: «Dove più ricchezza abbonda, più di lei voglia s’affonda».
Ah, ma non preoccupatevi, c’è n’è anche per la società: viene da chiedersi quale mente geniale, vedendosi il Monaco arrivare alla porta, abbia partorito l’idea di cedergli uno dei migliori giocatori della rosa attraverso un prestito con diritto di riscatto. Non obbligo, ma diritto: in tal modo, se l’avventura francese di Romero dovesse andare male, la Samp si ritroverebbe in casa un giocatore da sbolognare senza poterci guadagnare troppo, visto che il contratto in essere scade nel 2015. Inoltre, ci si chiede perché non si è sfruttata la potenza economica della controparte: sarebbe un po’ come se Abramovich, quando decise di fare uno dei suoi tanti affari, avesse offerto qualche spiccio e la promessa di un pagamento futuro. Purtroppo non è così e questo vale anche per il Monaco, posseduto dal magnate russo Rybolovlev, che detiene un patrimonio da sette miliardi di euro. La Samp cosa fa in tutto questo? Concorda la cessione di uno dei suoi migliori giocatori (o, quanto meno, di uno dei più famosi) ad un club che ha speso – solo in questa sessione di mercato – 135 milioni di euro per un prestito con diritto di riscatto. Insomma, tra i vari Falcao, James Rodriguez, Joao Moutinho e Toulalan, gli unici fessi della compagnia sembriamo esser noi, mentre Porto, Atletico Madrid e Malaga si godono i soldi del patron russo.
In conclusione, c’è tanta rabbia, ma non un dramma: la speranza è di trovare un portiere capace, possibilmente non gestito da un procuratore viziato e bizzoso, che possa garantirci un campionato sereno. A Romero, l’augurio di fornire prestazioni più continue di quelle fornite a Genova: in certi momenti è sembrato un fuoriclasse, in altri un po’ spaesato. Le pressioni, in quel di Montecarlo, saranno molto, molto più pesanti, visto che l’obiettivo minimo è la zona Champions. A Raiola, invece, l’augurio di non avere più niente a che fare con la società U.C. Sampdoria: non è la prima volta che il club blucerchiato ha a che fare con procuratori arrivisti nel gestire gli interessi dei propri giocatori (quelli di Icardi o Guberti vi diranno qualcosa). Tuttavia, a questi livelli, ancora ci si doveva arrivare. Del resto, dove c’è Raiola, non c’è casa o fedeltà alla squadra: solo soldi da prendere.