Delio Rossi a trecentosessanta gradi a "Undici" - Samp News 24
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2013

Delio Rossi a trecentosessanta gradi a “Undici”

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E’ un Delio Rossi ancora gongolante per il colpaccio torinese, quello che è intervenuto in collegamento a Undici, il programma condotto da Pierluigi Pardo su Italia2. Il mister di Rimini, dopo essersi soffermato sul momento della Sampdoria, ha ripercorso le tappe del suo passato da allenatore e anche da calciatore.

«Come si sta il giorno dopo? Bene, grazie al cielo. Avrei fatto volentiri jogging se avessi delle ginocchia migliori…
In teoria bloccare la Juve è facile, poi in pratica è diverso. L’inferiorità numerica ha fatto sì che dovessimo ricalibrare la partita. Già nel primo tempo la squadra teneva bene il campo, abbiamo fatto qualche aggiustamento tattico e poi sono stati bravi i ragazzi che non hanno dato la possibilità alla Juve di chiudere la gara. Le grandi squadre corrono sempre in avanti, quando hai la forza di farli correre indietro vuol dire che hanno qualche difficoltà.
Pirlo? Ha una grande intelligenza tattica, sa che tutti lo marcheranno e sa muoversi in queste situazioni. La Juventus ha tanti costruttori di gioco, ad esempio Bonucci. La squadra non ha grandi punti deboli e ha quei 4 o 5 giocatori che sono costruttori come anche Marchisio e Vidal. Le grandi squadre sono queste; la differenza tra le grandi, le medie e le piccole sta che le grandi hanno 7-8 giocatori che fanno la diferenza

Sull’impiego di Peluso nel trio difensivo bianconero: «Se giochi con la difesa a 3 devi saper fare uscire la palla. Avere un mancino che gioca in quella zona è importante. caceres a livello difensivo può dare qualcosa in più, sicuramente avere lì un mancino riesce a dare più ampiezza al gioco. Mi sembra esagerato dire che la Juve ha perso per Peluso.

Non c’è stata nessuna medicina, mi sono messo a disposizione dei ragazzi e i giocatori si sono messi a mia disposizione. Abbiamo lavorato sull’autostima e su certi movimenti, siamo solo all’inizio, all’ “abc”, ho certo di mettere l’uomo giusto al posto giusto. Non penso di avere inventato nulla. Magari quando è cambiato allenatore c’è stata la scossa.

Icardi? questo ragazzo tiene tantissimo alla nazionale argentina, ha questa posibilità e aveva chiesto alla società il permesso di partire e l’ha ottenuto. Chiaramente arrivando un allenatore nuovo, con la moria di attaccanti che abbiamo… Onestamente? Non l’avrei mandato neanche se ci fossero stati tutti, un nuovo allenatore deve conoscere i suoi giocatori. Lui vuole giocare nella nazionale argentina, secondo me ha ottime qualità, buona tecnica, velocità… Però è un ragazzo, le qualità le ha, ma non vorrei che pensassimo che ogni volta farà 2 goal a partita. Va lasciato crescere serenamente».

E poi un tuffo nel passato del mister blucerchiato. Si comincia con la storica vittoria del suo ex Lecce contro la Juventus: «La vittoria col Lecce? Me la ricordo sì! Non pensavamo di fare quella partita, fu una grandissima vittoria, ma come importanza quella di ieri è stata più importante.
La Lazio? E’ una squadra pronta da già 3 anni, arriverà seconda o terza. Petkovic mi piace, ha dimostrato molta intelligenza e umiltà. E’ venuto con delle ideee e le ha mutate in base ai giocatori a disposizione – poi, ironizza sul suo ex presidente – Grazie al cielo Lotito non mi parlava in latino… Il presidente, lo dico sempre io che l’ho conosciuto, ha tantissimi pregi ma fa risaltare di più i suoi difetti».

Si continua quindi con la Salernitana, primo grande amore dell’allenatore di Rimini. «Ho un ricordo indelebile di quella squadra, era il secondo anno che tornavo a Salerno. Era l’evoluzione della prima squadra, alla quale forse sono ancora più legato».

Quindi, Foggia: «Sono stato a Foggia 7 anni di cui 4 da capitano. Lì ho conosciuto mia moglie e sono nati i miei figli e poi lì attorno ho cominciato a fare l’allenatore. Se sono diventato allenatore lo devo al direttore sportivo di allora del Foggia.
Zeman? E’ stato il mio allenatore e io il suo capitano. Era il primo allenatore con una nuova filosofia. Devo dire che ho cercato di “rubare” molto da Zeman, perché penso sia uno dei più bravi. Poi ognuno ci mette tanto del suo in base alla propria filosofia. Nessuno può essere uguale a un altro.

La Roma? forse è una delle poche squadre alla quale non sono mai stato vicino, non c’è mai stato nulla. Totti secondo me è stato ed è anche ora uno dei migliori giocatori italiani. Nel derby chi mi faceva più paura però era Vucinic, perché sentiva meno la partita e ogni volta che ci gioco contro mi fa goal. Ieri no, ma perché c’è sempre una prima volta».

Restando a Roma, si parla del suo passato sponda Lazio. «La Coppa Italia è stato il mio primo trofeo e anche il primo trofeo dell’era Lotito. Poi ci sono stati i piazzamenti in Europa, ma quello è il primo trofeo e mi fa particolarmente piacere perché è qualcosa di tangibile. I rigori sono una lotteria, la grandezza di una persona non si può valutare sui rigori. Molti miei colleghi vincendo una Champions League ai rigori sono andati avanti e hanno continuato a vincere tanto, magari se avessero perso ai rigori magari non avrebbero allenato squadre di un certo tipo per un po’. Quando uno arriva ai rigori in una finale vuol dire che il suo lavoro l’ha fatto.
Il Palermo? Ho seguito queste due finali sapendo che non sarei rimasto in quella piazza. Vedere 50’000 palermitani a Roma colorare tutta la città è stata una delle cose più belle che abbia mai vissuto. Zamparini mi ha dato la possibilità di allenare una piazza così importante, è molto appassionato e vive questa sua passione esageratamente ma lo devo ringraziare».

E poi, quel rosanero ha iniziato a tingersi di blucerchiato. Sampdoria – Palermo, penultima giornata del campionato di Serie A 2010/2011: Sampdoria retrocessa matematicamente in serie cadetta. «Quel giorno, uscendo dallo stadio, mi sono immedesimato con la squadra perdente. Mentre guardavo uno stadio gremito perdere in casa, con tutti i tifosi in piedi ad applaudire i loro ragazzi, mi sono detto che un giorno mi sarebbe piaciuto allenare lì. Allora è stato il mio passato, ora è il presente e spero anche il futuro. Palombo? Piangere per la propria squadra davanti ai tifosi è un atto di umiltà incredibile e vedendolo di persona mi sono reso conto che non è stato assolutamente falso. Chi dedica una vita alla sua squadra è una persona con dei valori».

Ci si avvia alla conclusione, con l’immancabile domanda sul derby: «Ho avuto la fortuna di affrontare già il derby con il Genoa. Il derby di Genova è diverso da tutti gli altri che hop giocato. Prima di un derby a Genova può capitare di vedere una macchina con le sciarpe delle due avversarie fuori dai finestrini, con la coppia di fidanzati che, una volta scesa dalla macchina, si divide ognuno verso la propria gradinata. Ecco, certe cose possono succedere solo in pochi posti.

Su Firenze è stato già detto e scritto tutto. Però ecco, io dirò sempre grazie alla società e alla gente perché mi ha accolto benissimo e mi sono lascito benissimo in una società davvero splendida».

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