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D’Aversa: «Sampdoria spavalda e ambiziosa. Ferrero? Non solo parole»
Roberto D’Aversa, tecnico della Sampdoria, ha fatto il punto sulla rosa blucerchiata, sugli obiettivi e sul calciomercato: leggi le sue parole
Roberto D’Aversa, tecnico della Sampdoria, ha fatto il punto della situazione dagli obiettivi fissati, ai sogni e al calciomercato. Le sue dichiarazioni a La Repubblica.
ASTICELLA – «Cosa ha detto Mancini prima di iniziare l’Europeo? Che la sua Italia partiva per vincerlo. Ha dato un grande messaggio ai giocatori e a tutto l’ambiente, a cui, naturalmente, poi si è aggiunto il suo lavoro straordinario. Ora io non voglio paragonarmi, ma eredito una formazione che ha conquistato 52 punti e magari ha qualche rimpianto, perchè pensava di poterne totalizzare di più: che senso avrebbe parlare di semplice salvezza? Come potrei? No, le cose vanno dette, con umiltà, ma senza paura. Il nostro compito è di fare meglio dell’anno scorso. Asticella alta, obiettivo difficile, ma con l’abnegazione e il sudore ci si può riuscire. La mia Sampdoria deve essere spavalda e ambiziosa. Consapevole della propria forza e pronta a giocarsela con tutti. Onorando la maglia che indossa che, non lo dico io, ma tutto il mondo, è la più bella che c’è».
ROSA – «Ribadisco: ogni allenatore comunica un qualcosa allo spogliatoio. Spesso s’invita la squadra a non mollare, a maggior ragione io non posso correre il rischio che si senta appagata, abbassando le aspettative. Io credo che nella vita le cose vadano desiderate e volute. A me nessuno ha mai regalato nulla, bisogna andare al massimo, anzi, oltre. Come giocatore senza un grandissimo impegno non avrei combinato niente. E anche come allenatore ragiono così. Questa squadra ha giocatori di qualità: doti tecniche e morali, grande cultura del lavoro. La base è ottima. Io so che siamo immersi in un mercato difficile, faticano tutte le squadre, non solo la Sampdoria. Ebbene sul nostro organico, senza sognare rinforzi irraggiungibili, mi verrebbe da dire una cosa semplice: meno lo tocchiamo, meglio è».
TIFOSI – «Innanzitutto vorrei che la gente tornasse allo stadio. Io ho giocato qui vent’anni fa: solo sei mesi, ma ricordo ancora molto bene l’importanza della gradinata Sud, uno straordinario valore aggiunto. Marassi era un fortino. Sarei felice se tornasse subito ad esserlo, perchè il nostro stadio ti spinge ad andare oltre».
ENTUSIASMO – «Sarò sempre riconoscente a tutte le società del mio passato, con cui ho lavorato, ma considero la Sampdoria un’altra dimensione, una fascia medio alta ed è per questo, pensando all’intero ambiente, al calore della gente che ho accettato di venire a Genova con molto entusiasmo. Si è prospettata la possibilità, non ci ho pensato un attimo».
PESSIMISMO – «Lo rispetto, ma lo combatto. Conquisteremo la nostra gente, faremo ricredere molte persone. La Sampdoria non si tirerà mai indietro, se la giocherà con tutte. Prendiamo il calendario: fra poco si comincia, nelle prime tre partite abbiamo avversarie terribili, Milan in casa, Sassuolo fuori e Inter a Marassi. Rispetto? Tanto. Ma niente paura».
FERRERO VUOLE LA COPPA ITALIA – «Non solo si è espresso a parole, ma nei fatti. Ha messo un premio per la vittoria. E’ un traguardo. Sarebbe meraviglioso».
DAMSGAARD – «Ne abbiamo parlato sin dal primo incontro. A me farebbe piacere lavorare con lui, so però che potrei perderlo. Ciò che posso dire io è che gli farebbe bene giocare con continuità nel campionato italiano. L’anno scorso ha disputato 24 partite, ma non sempre dall’inizio. Potesse restare, sono convinto che il suo valore finirebbe per aumentare. Kulusevski all’Atalanta aveva disputato 3 partite. Con me a Parma è stato impiegato sempre, ha raggiunto la maturità, è esploso ed è stato venduto per 44 milioni di euro».
QUAGLIARELLA – «Sulle amichevoli e sul fatto che abbiamo sempre vinto dico che sono molto contento. Aiuta. Non contano? Io mi arrabbio quando perdo, anche se gioco a carte. Quanto a Quagliarella dico che mi ha sorpreso, nel senso che è ancora meglio di quanto mi aspettassi. Che fosse bravo, non ha nemmeno senso dirlo, basta contare, e ci metti un po’, i suoi gol. Io però credevo, vista l’età, di doverlo gestire sulla quantità del lavoro. Il problema è che sinora non ho avuto l’opportunità di farlo, perchè non ha saltato nemmeno un allenamento. Io avevo messo in conto: se non può fare un esercizio, lo salta, lo preserviamo, ma lui non si sottrae mai. E’ un esempio per tutti, un traino incredibile. Sugli allenamenti a livello d’intensità è uno dei migliori, pare un ragazzino, ora vedremo sulle 3 gare in una settimana. Detto questo, Fabio ha una maturità e un’intelligenza che non possono esserci problemi nella gestione e più in generale nel rapporto con lui».
GABBIADINI – «Manolo è un giocatore molto forte e potrebbe essere un acquisto straordinario. Lo ho capito sin dalle prime amichevoli, le sta giocando tutte, può fare la differenza. Deve sentire la fiducia dell’allenatore: io sono pronto a dargliela, convinto che saprà ripagarla».
MODULI – «Premessa: non sono integralista. Scelgo un sistema di gioco sulla base dei giocatori che ho a disposizione, senza etichette, interpretando la gara ogni volta e ragionando pure sull’avversario. Ho alcuni punti fermi, tipo le due punte. Che possono essere allineate o una dietro l’altra. Fermo restando che ti auguri sempre corsa, fantasia e tecnica, dipende sempre su cosa punti di più, se sull’ampiezza o sulla profondità. Difesa a quattro? Anche lì l’assoluto non esiste. Ho sempre impostato la retroguardia a 4 dà più equilibrio all’intero collettivo. In più ho visto che questa squadra ha una cultura da difesa a 4, si è sempre schierata così. Ciò non toglie che ogni tanto ho giocato a tre. Seguo una linea, ho un’idea, ma non considero un dramma talvolta cambiare».
AZIENDALISTA – «Nel calcio di oggi lo devi essere. Molti club sono in difficoltà economica, mancano gli stadi di proprietà, una tassazione agevolata. Stanno tornando grandi allenatori come Allegri, Sarri, Mourinho, saranno di grande stimolo e spero possano ridare un po’ di appeal al nostro campionato, ma non possiamo nascondere le difficoltà. Per cui se con la tua politica e la tua condotta riesci a portare benefici al club, ben venga».
GIOVANI – «Il concetto non è giovane o vecchio, ma forte o meno forte. I presidenti non aspettano, vogliono i risultati, altrimenti siamo noi a pagare e quindi per prima cosa devi pensare al valore della squadra che metti in campo. Detto questo, i giovani devono trovare spazio. Perchè crescano ci vuole un giusto mix, sei o sette, tutti assieme, può essere pericoloso. E poi non ci vuole fretta. Thorsby al primo anno ha fatto fatica, oggi è una delle colonne della squadra».
GENOVA – «Mi trovo benissimo, mi sento a casa. Partiva avvantaggiata, è una città di mare, io risiedo a Pescara, senza non ci so stare. Con mia moglie Claudia abbiamo scelto, andremo a vivere ad Albaro, centro vicino, campo non lontano, comodo per scuola e sport dei miei tre figli, Simone, Francesco e Sofia».