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Da Harvey Dent al Visconte Medardo: l’eredità di Giano
Se decidessi di soffermarmi esclusivamente sull’episodio del rigore in apertura di questa disamina probabilmente non farei altro che dare adito a numerose altre polemiche, che per quanto vadano di pari passo con l’etichetta assunta dall’anno 2016, per nomenclatura ufficiale “l’anno della polemica”, non rappresenta l’obiettivo primario della nostra critica. La Sampdoria, d’altronde, non è quella che concede il rigore a pochi minuti dalla fine, non è quella che si arrende a un errore di una valutazione arbitrale – perché di questo stiamo parlando – ma è quella che gioca per 90 minuti con due facce diverse contro il Bologna, che da quando ha cambiato allenatore viaggia a ritmi da Europa League.
Harvey Dent, per chi non è molto avvezzo alla cultura pop mondiale, è il ben noto criminale di Gotham che affligge la vigilanza di Batman, l’alter ego di Bruce Wayne, valutando tutte le proprie decisioni con il lancio di una moneta, con grandissimi difficoltà decisionali, condizionate dalla sua doppia personalità. Il Visconte Medardo, a sua volta, per chi con la letteratura italiana non ha dimestichezza, ha indubbiamente meno successo nella cultura pop, ma è il protagonista di uno dei romanzi di Italo Calvino, uno dei tre di una trilogia che narra dei nostri antenati: arrivato sul campo di battaglia in Boemia, per fronteggiare i turchi, Medardo viene colpito in pieno da una palla di cannone, che lo stende e lo divide in due esatte metà. I suoi sudditi ne riescono a ricomporre una parte, ma purtroppo è quella malvagia, che dà il via a nefandezze e cattiverie per tutto l’accampamento.
Entrambi rappresentano indubbiamente gli idoli della Sampdoria che ieri è scesa in campo al Dall’Ara, senza voler scomodare Giano Bifronte, capostipite di tale realtà che, tra l’altro, nel Medioevo fu simbolo di Genova. La svolta, la chiave della partita, Montella sembra trovarla in due situazioni: l’inserimento in difesa di Matias Silvestre, che ieri è stato fondamentale e il rinforzo giusto da inserire in campo, e il passaggio alla difesa a tre. Gli stessi Ranocchia e Moisander riescono ad acquisire fiducia e costanza nel difendere proprio quando l’argentino scende in campo e sale in cattedra, concedendo al finlandese la licenza di attaccare e di impostare: per un attimo l’ex capitano dell’Ajax – perché fa sempre comodo ricordarlo – ci fa pensare che probabilmente la sua disattenzione in campo nasce tutta da un errore di impostazione tattica, perché in realtà non è un difensore, forse. Almeno ci si prova a trovare una motivazione al suo rendimento. Lo stesso Ranocchia, al quale possiamo concedere una giustificazione dinanzi al fatto che non giocava da un po’ di tempo, non è stato assolutamente impeccabile, anzi potremmo dire che i due gol del Bologna, quelli su azione, nascono proprio da errori suoi. Il secondo più del primo.
Insomma la chiave di volta potrebbe essere il successo del futuro, o quantomeno il tentativo di un rinnovato successo: la difesa a tre. Non a caso Montella insiste su Diakité, che sarebbe perfetto da inserire accanto a Ranocchia, appunto, e Silvestre, che però già mercoledì sarà squalificato e non potrà scendere in campo. Quindi di nuovo Moisander, proprio con l’ex Fiorentina, che Montella ha già allenato, e l’ex Inter. Un’altra chiave di volta potrebbe essere la crescita che finalmente sta avendo Joaquin Correa. Mi sembra ieri che nei miei editoriali lamentavo la sua mancanza di una risposta precisa alle mie domande, quando lo imploravo di reagire a tutte le critiche, cancellandosi di dosso una nomea infelice. Ebbene, un anno dopo esatto il suo arrivo, Correa è finalmente arrivato: ieri è stato il migliore in campo, ha segnato e ha costruito, ma soprattutto non ha cambiato volto durante la gara. È stato costante e continuo, per tutto il tempo in campo. Si può ripartire da qui, con un esperimento che nel secondo tempo ha funzionato, soprattutto con Dodô e con Sala esterni di centrocampo, molto più sensato di tenerli in difesa: d’altronde la Sampdoria ha rinunciato ai suoi esterni, perché Pereira andrà all’Hellas, a giocare da titolare presumibilmente, Regini è andato al Napoli (che affarone, senza ironia), e Cassani non ha assicurato la solidità richiesta. Rimane De Silvestri, che però, in ogni caso, più avanti può essere schierato.
E l’attacco? Bel quesito. Ieri il tentativo di tenere Cassano fuori dai titolari ha funzionato a metà: sicuramente il gioco è stato diverso, più veloce, ma Muriel non ha dato seguito a questa scelta. Muriel continua a essere incostante, perché quello del primo tempo non è un giocatore che può tornare utile a questa Sampdoria, chiamata a salvarsi per mantenere la categoria. Quello del secondo tempo, invece, è già più propenso a far vedere quali sono le sue caratteristiche vincenti, come può aiutare questa squadra: insomma, tutto gira intorno a quello, le due facce del Doria. Quella del secondo tempo ci piace di più, anche grazie ai remi tirati in barca dal Bologna, che dopo l’uscita di Donsah perde sostanza ed efficacia. Senza una valutazione errata avremmo portato a casa un ottimo punto, recuperato con un’ottima idea tattica del nostro allenatore, ma purtroppo dobbiamo accontentarci solo di aver trovato, forse, una quadra: già mercoledì la difesa a tre potrebbe trovare nuovamente linfa vitale. Si spera. Dimenticandoci di Harvey Dent e del Visconte Medardo.