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2015

Contà l’inverni

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Vi devo confessare, ma so che non destabilizzerà nessuno, che il dialetto romano è l’idioma che meno riesco a sopportare tra tutti quelli italiani: ce l’ho fatta solo in due occasioni, a reggere quella caciara, e una volta è stata ascoltando Contà l’inverni, l’ultima traccia in ordine temporale scritta da Francesco Bianconi per Fantasma. La storia di un carcerato che, mentre conta gli inverni ar gabbio, viene perseguitato dai fantasmi della ragazza che ha sgozzato. E non se lo sa spiega’, non lo sa capi’ perché, quella sera la sgozzò.

Ieri sera, guardando Sampdoria – Roma, all’improvviso, dopo aver ascoltato qualche collega seduto dinanzi a me che dava vita a questa insopportabile caciara – e anche a qualche fastidioso pugno sul banchetto per la tribuna stampa – ho iniziato a canticchiare in testa mia Contà l’inverni. E mai canzone fu più azzeccata. Perché ar gabbio non c’è andato nessuno, per fortuna, nessuna ragazza è stata sgozzata, ma Walter Zenga continua a guardare i fantasmi di un omicidio, l’ectoplasmatica presenza di uno stadio Olimpico che aleggia sopra il suo berretto con visiera brandizzata, l’alone di sconfitta che ancora gli fa pesare il 4 a 0 contro il Vojvodina e, da domenica, il 2 a 0 contro il Torino. In mixed zone, d’altronde, si parla ancora del Torino, sia Zukanovic che Eder lo fanno, e in conferenza stampa Coach Z non si trattiene dall’esprimere tutta la propria presunzione: «Non sono stato bravo, sono stato solo fortunato», un sorriso e poi la conferenza finisce. 

Ci sono scorie, scorie che purtroppo rimarranno per un bel po’ e che per essere eliminate definitivamente avranno bisogno di una grande dose di fiducia da una parte e dall’altra. Come in una relazione, d’altronde. Dopo una scottante rivelazione che ha minato all’integrità del rapporto, i due decidono di prendersela con calma, di rimandare il tutto a quando il momento sarà più propizio, per entrambi, ma nel mentre il rapporto va avanti grazie a degli espedienti, a delle soluzioni estemporanee, un bouquet di fiori, a delle giocate individuali. È il fiore di loto Eder, è la viola del pensiero Viviano, è l’orchidea bianca Cassano. Che poi, sempre Francesco Bianconi: «Se fossi te sarei magnifico, un’orchidea».

Qualche insulto per Zenga ancora continua a volare, e non si parla soltanto dell’internet, dei social network che ha deciso di rufiggire, ma si parla anche dello stadio, della tribuna per la precisione, quella che più riesco a vedere dalla mia postazione. Volano perché la Sampdoria ieri, nel primo tempo, non ha giocato, e ha resistito sullo 0 a 0 soltanto grazie alla pochezza dell’avversario: dovrà anche vincere lo Scudetto, questa Roma, avrà anche il potenziale offensivo più importante del nostro campionato, ma a parte un tiro di Pjanic e un tiro di Nainggolan, attorno a Dzeko ossi di seppia e covoni di fieno. E che non mi si dica che è stata bravura della Sampdoria, perché magari in difesa le cose sono andate benissimo, ma se ti ritrovi costretto a catenacciare in casa c’è ben poco da esaltarsi. 

Nella ripresa l’ha risolta, grazie al solito Eder, al quale oramai abbiamo capito si può chiedere tutto: gli riuscirà. L’unica cosa in cui fallirà, probabilmente, è farmi vincere il fantacalcio, ma questa è un’altra storia. Una punizione e un autogol, che al netto, diciamocelo, non è poi tanta roba: Garcia ha detto di non volerci dormire la notte per quell’autogol di Manolas, magari non ci abbiamo dormito nemmeno noi, io perché sono dovuto rientrare a Milano, voi perché l’euforia era troppa. Però a Coach Z una vittoria va data e risiede sempre nei cambi: è un’operazione che non sbaglia mai, la indovina sempre. Ivan messo al momento giusto, Soriano spostato al momento giusto sulla trequarti, Cassano a 15 minuti dalla fine, come si predica da sempre, come qualsiasi tifoso auspica. E queste tre mosse gli cambiano la partita, perché sebbene le dicerie locali siano tutte per il «Soriano trequartista non si può vedere», è dal dialogo con il signor Antonio – come lo chiama Ferrero – che parte l’azione del 2 a 1. E fa strano vederli lì a dialogare, a passarsi la palla, uno con la fascia da capitano al braccio, l’altro con tanti chili in più del passato, tanti anni dopo aver incoronato Soriano come uno dei giovani più promettenti del calcio italiano. Giovane non è più, ma divertire ci fa comunque. 

Se Zenga aggiungesse un po’ di gioco a questa squadra, qualche geometria in più in mezzo al campo, elimerebbe tutte le scorie e inverni da contare non ce ne sarebbero più, fantasmi nemmeno. Magari con tre chili in meno al signor Antonio. Noi intanto contiamo gli inverni, ché è iniziato anche il freddo.

Se potemo ‘nnammora’, 

come i passeri canta’, 
se er signore ce dà forza 
e dell’omini ha pietà.
Senza robba nun so sta’
Senza strada ‘ndo’ vòi anna’?
“Senza morte nun c’è vita”
me so’ fatto tatua’
Esisteva solo lei
Me so’ fatto licenzia’
pe’ compraje er monno intero
E non sorideva mai
ma me ne ‘mportava assai:
ero cielo insieme all’angeli

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