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Cassano e l’addio alla Samp: «Penso che Giampaolo…»

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Antonio Cassano a giugno ripartirà da una nuova squadra, ma rimembra l’addio alla Samp: «Provo indifferenza. Ferrero non è il vero presidente del club»

Il capitolo Sampdoria è ormai archiviato, ma Genova è casa sua. Nei giardini di Quinto, nel calore del suo bar preferito («Da ü Leitâ»), Antonio Cassano si apre rivendicando con orgoglio l’amore per il calcio e la certezza di poter avere uno spazio ancora importante. Cassano, la sua ultima partita risale a undici mesi fa, il derby perso col Genoa. Che cosa ha fatto in questo periodo? «Ho avuto più tempo da dedicare a mia moglie Carolina e ai miei figli Christopher e Lionel. E ho guardato i miti in tv: Messi, Federer e Valentino Rossi. Ma la pacchia è finita. Cassano sta per tornare». Giocherà in Serie A? «Tra due mesi avrò una nuova squadra e devo essere fisicamente pronto. Ora ho 4­-5 chili in più, ma non gioco da tanto ed è normale aver messo qualcosa addosso. Ogni giorno sono al centro Riattiva di Lavagna, mancano il lavoro con la palla e il ritmo partita e tra qualche giorno chiederò all’Entella di potermi allenare con i suoi ragazzini. Comunque più passa il tempo e più sono convinto di poter tornare da protagonista. Se non andrà bene smetterò subito, non sono una comparsa».

RIPARTIRE A GIUGNO – Come ha confermato a “La Gazzetta dello Sport”, a gennaio Cassano ha avuto diverse offerte. Perché ha preferito stare fermo? «Si sono fatti avanti il Pescara con Zeman, il Palermo, il Crotone, l’Entella e ho chiacchierato anche col Verona: il suo presidente, Setti, si è fatto da solo come me, è una società perfetta. Non rientrare è stata una mia scelta perché non mi sentivo pronto fisicamente e non potevo bruciarmi con un flop. Tra due mesi sarà tutto diverso». Ha scartato l’ipotesi estero? «Ho avuto proposte da Cina, Emirati e MLS, ma non mi interessano. Non ho problemi economici. Voglio giocare in Italia». La piazza giusta per ripartire? «Mi stuzzicano Udinese, Bologna e Sassuolo. Anche giocare a Verona, in A, sarebbe bello: tifosi fantastici, in 25 mila allo stadio… In B ci andrei per fare qualcosa di storico come portare l’Entella di Gozzi in A, però mi auguro che ci arrivi già quest’anno. Oppure, in caso di promozione in B, tornerei volentieri a Parma: città bellissima».

ADDIO, SAMP – Fino al 28 febbraio lei si è allenato con la Primavera della Samp. Poi non le è stato più consentito. Perché? «Ho portato a cena i ragazzi la settimana scorsa. Mi hanno invitato ad andare sabato a Bogliasco per la partita col Trapani. Sono stato benissimo in quel gruppo, mi hanno ridato entusiasmo tornando indietro di quindici anni. Pedone è un grande allenatore e credo di aver trasmesso anche io qualcosa a loro. Per Ferrero e Romei potevo allenarmi ancora, ma qualcuno ha ritenuto che fossi ingombrante. Chi? Credo Giampaolo». Lei si ritiene ingombrante? «In un gruppo con poca personalità posso esserlo ma al Real, per esempio, nessuno mi ha detto che ero ingombrante». La Samp: un grande amore o una ferita aperta? «Un capitolo chiuso. Ora provo solo indifferenza. Ma non posso avercela con Ferrero perché lui un giorno dice coppe e l’altro spade, poi il vero presidente secondo me è l’avvocato Romei. Con lui ho litigato dopo il derby e l’avventura è finita».

SOLO CON IL (PROPRIO) TALENTO – Che cosa è accaduto? «Entra nello spogliatoio dopo lo 0­-3 col Genoa e dice: “Avete giocato come se non pagassimo gli stipendi”. Voleva lo scontro, fu accontentato. E ho pagato». Si aspettava maggiore solidarietà da parte dei compagni e dei tifosi? «Sì. Della squadra sono rimasto in contatto solo con Fabio Micarelli, uno dei collaboratori di Giampaolo, e con il dottor Baldari. I tifosi? C’è una percentuale a cui sono antipatico. Io non ho né pensato né mai espresso giudizi negativi sulla tifoseria blucerchiata altrimenti non avrei fatto di tutto per tornare e forse ho sbagliato a farlo. Gli ex compagni? Mai sentito nessuno». In Italia, tra i giovani, c’è un nuovo Cassano? «No, Cassano è unico, un pezzo pregiato, raro. Tecnicamente mi rivedo in Insigne. I miei colpi li ha Schick: lo avevo capito subito. Siamo giocatori diversi, lui è più attaccante di me però è un fenomeno». Qual è stato il momento della carriera in cui si è sentito al top. «All’Europeo 2012 e nella prima parentesi con la Samp dal 2007 al 2011. Ero fortissimo, mi sentivo quasi invincibile».

OLTRE IL PALLONE – Quando smetterà col calcio che cosa farà? «Ma non ci penso nemmeno eh… Posso giocare ancora tanti anni. Le mie ultime scarpette le ho regalate a una super-tifosa, Elsa, ha 70 anni, e in tutti questi mesi è venuta a guardare i miei allenamenti con la Primavera. Non è ancora arrivato il momento di pensare al futuro. Anche se… in verità un’idea ce l’ho già: mi piacerebbe fare il responsabile dell’area tecnica. Come lo faceva Branca all’Inter. Io collante tra società, d.s. e squadra: al d.s. faccio scegliere i giocatori ma poi l’ultima parola devo averla io, perché di calcio me ne intendo». Ha la possibilità di cancellare una cassanata. Una sola. «(Abbassa lo sguardo) Le offese a Riccardo Garrone. Non me lo perdonerò mai. Prima della sua morte sono riuscito a chiedergli scusa. E questo mi ha rasserenato, però quello che ho fatto mi pesa ancora». Ha dato più lei al calcio o viceversa? «Amo il calcio. Mi ha reso uomo, mi ha dato popolarità e ricchezza. Io ho dato al calcio gol ed emozioni, ma ho reso solo al cinquanta per cento di quello che avrei potuto fare».

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