Cagni: «Io e Zenga, un esperimento in Europa. Per noi è un'innovazione» - Samp News 24
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2015

Cagni: «Io e Zenga, un esperimento in Europa. Per noi è un’innovazione»

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La spalla di Walter Zenga. Uno parla e spiega con calma ai giocatori cosa devono fare, l’altro è quello che invece appare come il “poliziotto cattivo” della coppia: «Questa è la seconda volta che lo sento dire oggi: do quest’impressione?», chiede stupito Gigi Cagni. Il vice-allenatore della Samp è tornato in uno staff di Serie A dopo sette anni e sta dando tutto nel ritiro di Ponte di Legno, dove è attento a ogni dettaglio: «Io faccio la fase difensiva, che ha bisogno di più piglio. Walter ha un’altra filosofia: le sue esercitazioni sono diverse e poi lui deve dare un messaggio di serenità. E comunque lui è l’allenatore, io sono solo il suo secondo. Sono felice che sia così, perché ho 65 anni ed è bene che il culo se lo faccia lui (sorride)…».

UNA COPPIA UNICA IN EUROPA – Ci si chiede se ci siano altre coppie come loro: «No, qui in Europa no – dice Cagni a “Il Secolo XIX” -. Io l’ho visto in America nel football americano e nel soccer. Sono due anni che lo proponevo in giro, ma ho sempre riscontrato paura. A febbraio ne ho parlato con Walter a Dubai e ora siamo qui insieme… pensate il destino. Lui ha capito subito che è un’innovazione». La formazione di questo duo ha uno scopo preciso: «Nei settori giovanili ormai c’è pochissimo insegnamento della fase difensiva: mai come oggi i difensori fanno errori. Si dice al difensore che dev’esser bravo a costruire, ma il risultato è che non si spiega più come difendere. I gol non sono quasi mai merito dell’attaccante, ma demerito del difensore».

DIFENSORI E CONOSCENZE – Proprio con quest’intento si può spiegare lo spostamento di Regini a centrale difensivo: «Siamo solo in 19 e dobbiamo fare di necessità e virtù. La tattica e i ruoli di queste prime giornate non sono indicativi. Zenga non ha ancora parlato di questo. Per ora stiamo recependo le loro preoccupazioni in campo: i difensori temono l’uono contro uno. Fanno tutti fatica ad andare sull’uomo e vogliono solo esser coperti, indietreggiando quando la squadra perde palla. Questo è un problema: non ci sono più i difensori con i tempi giusti e il carattere. La prima cosa da trasmettere è quella di non aver paura dell’uomo». Cagni conosceva già qualcuno del gruppo: «I tre che ho avuto: Okaka, Éder e Coda».

TRENT’ANNI – Con Zenga l’amicizia è di lunga data: «Walter è mio fratello minore, sono 35 anni che siamo amici: se lo resti così a lungo, vuol dire che condividi gli stessi valori. Poi siamo entrambi due che dicono quel che pensano». Merito di quei due anni trascorsi insieme a San Benedetto del Tronto: «Sì, in quei due anni lui era un ventenne e io già un vecchietto, ma credo di avergli trasmesso parte di quei valori che oggi ci uniscono. Ma non invecchio solo io: ha 55 anni, sembra un ragazzo ma non lo è più». Coach Z dà molta libertà in ritiro: «Di questo parlatene con lui. Lo spirito, però, anche qui è innovativo. Lui vuole responsabilizzare i giocatori, che non hanno più la balia che li sveglia e fa tutto».

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