2013

Bjarnason: «Impressionato dai tifosi della Samp. Ci vuole continuità»

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Tornato in campo dal 1′, Birkir Bjarnason è nuovamente al centro delle cronache blucerchiate dopo la prestazione di Livorno. Dopo aver giocato contro Genoa, Cagliari e Roma, l’islandese sembrava un po’ scomparso dal radar di Delio Rossi, messo da parte. Invece, nella trasferta toscana, il centrocampista è rimasto in campo per la prima volta per tutti i 90′ dell’incontro: «Magari porto bene? Sono contento di essere riuscito a ricambiare la fiducia dell’allenatore – esordisce l’islandese – E sono soddisfatto anche della mia prestazione. Nel complesso, però, dobbiamo ancora migliorare molto, ma era troppo importante vincere la prima partita». L’ex Standard dice la sua anche sulle tre gare che aveva precedentemente disputato: «Contro il Genoa non abbiamo giocato bene, non siamo riusciti a creare nemmeno un’occasione. Per me si trattava del debutto con la maglia della Samp, ho un brutto ricordo della partita – dice il numero 22 blucerchiato – ma ne conservo uno indimenticabile della passione dei nostri tifosi. Nemmeno il primo tempo contro il Cagliari abbiamo giocato bene: me ne sono reso conto. L’allenatore nell’intervallo doveva cambiare qualcosa, ha scelto me: va bene così. Con la Roma sono entrato nel finale, ma la partita ormai aveva preso una determinata piega. Ho cercato di dare il mio contributo».

In quattro presenze, l’islandese ha avuto tre ruoli in campo: interno sinistro di centrocampo nel 3-5-2 nel derby e a Trieste, esterno sinistro nel 4-4-2 contro la Roma e trequartista contro il Livorno. Forse troppi, ma lui non se ne preoccupa: «Nella mia carriera ho giocato praticamente in tutti i ruoli del centrocampo. Nella mia prima stagione con il Viking, ero l’esterno destro del 4-4-2. Poi nel Bodo Glimt ho fatto il centrale del 4-3-3. Tornato al Viking, ho fatto l’esterno sinistro del 4-3-3; poi, in Belgio, nello Standard Liegi, l’interno sinistro del 4-4-2 – racconta Bjarnason ai microfoni de “Il Secolo XIX” – Nella stagione di Pescara, ho girato tre o quattro ruoli. Una volta, nel 4-4-1-1, ho giocato alle spalle dell’unica punta, altrimenti ero spesso la mezzala sinistra del 4-3-1-2. In nazionale, il tecnico Lagerback ci schiera con il 4-4-2, centrocampo in linea o a volte a rombo. Sono sempre l’esterno sinistro. Ma con la Svizzera abbiamo fatto anche il 4-2-3-1…». Insomma, Bjarnason è quel che si può definire universalmente come un jolly: «Gioco dove c’è bisogno. La mia posizione preferita è comunque a sinistra. Oppure, nel modulo di Livorno, da trequartista mi sono trovato bene».

Intanto, l’islandese prova ad imparare un po’ d’italiano, con la lingua come grande ostacolo: «Sto prendendo lezioni – risponde il centrocampista – L’anno di Pescara, in realtà, ho passato gran parte del mio tempo libero con lo slovacco Weiss e parlavamo in inglese. Quindi… lo capisco più che parlarlo. I termini fondamentali, quelli calcistici per intenderci, li so. Capisco l’allenatore, capisco i compagni». Forse anche Rossi potrebbe far di più, visto che gli allenatori dovrebbero sapere l’inglese per parlare con un giocatore straniero: «Non saprei… Io vengo dal Nord Europa e là parlano praticamente tutti inglese». Dalla città di Akureyri, dove Bjarnason ha i propri natali: «Papà giocava a calcio là, mamma a pallavolo: è arrivata fino in nazionale. Anche mia sorella giocava a calcio nella Premier League norvegese – racconta il nazionale islandese – ha smesso quando è rimasta incinta. E mio fratello gioca ancora a calcio in Norvegia. Quando posso ci torno, anche se molto presto, a 11 anni, con la mia famiglia ci siamo trasferiti in Norvegia. E i miei stanno ancora lì. Ricordo le giornate islandesi, da bambino. Certe volte era chiare quasi tutto il giorno ed altre buio».

Un’Islanda che sta facendo grandi cose e che ora rischia di presentarsi al Mondiale, se supererà la Croazia nei play-off di qualificazione: «E’ sicuramente il punto calcistico più alto mai raggiunto dalla nostra nazionale. Non siamo i favoriti, ma ce la giochiamo – confessa Bjarnason – Per noi sarebbe il massimo. Il miglior giocatore islandese? Eidur Gudjohnsen». In Italia, invece, il centrocampista ha parecchi nomi: «Ne avete tantissimi forti. Mi ha impressionato Pirlo, ad esempio. Ma qui è proprio diverso, rispetto alle mie precedenti esperienze in Norvegia e in Belgio. Il modo di vivere il calcio, la passione, il calore. Ricordo che una volta, con il Pescara, tornavamo da una trasferta a Catania, dove avevamo perso, e ci avevano avvisati che i tifosi arrabbiati avevano bruciato un paio di nostre auto – racconta Bjarnason, l’anno scorso in Abruzzo – Mi ha colpito molto questo episodio. Per fortuna che io non l’avevo parcheggiata lì… ma in Italia è tutto diverso. La metodologia d’allenamento, la tensione, la tattica, i giocatori che vengono fermati per strada dai tifosi. Io seguivo la Serie A fin da bambino, a quei tempi andava di moda il Milan». Sabato, intanto, la Samp affronterà l’Atalanta: «Sarebbe molto importante dare continuità al successo di Livorno. Per la classifica e anche per l’ambiente. Il nostro avvio di stagione è stato molto difficile, però qualche segnale di ripresa stiamo iniziando a darlo – chiude Bjarnason – Credo che la forza complessiva di questo gruppo sia superiore a quella mostrata sinora».

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