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Bereszynski e Linetty si confessano: «A Genova stiamo bene, ci ha colpito molto il tifo»
Bereszynski e Linetty descrivono il loro ambientamento a Genova: «Soddisfatti di aver sceto l’Italia e la Samp, l’anno prossimo possiamo migliorare»
Fra le tante sorprese positive di quest’anno, per la Sampdoria, va certamente annoverato il nome di Karol Linetty, arrivato dal Lech Poznan in estate e impostosi immediatamente fra i titolari di mister Giampaolo. Linetty è andato a rinforzare una colonia di calciatori dell’Est già ben nutrita in blucerchiato – Krapikas, Skriniar, Pavlovic, Budimir e Schick – che si è ulteriormente rafforzata a gennaio con gli arrivi di Simic e di Bereszynski. Quest’ultimo, polacco come Linetty, ci ha messo poco a diventare amico del numero 16 blucerchiato, che lo ha aiutato con l’italiano e con la comprensione dei dettami tattici di mister Giampaolo. Ora che il campionato è quasi finito, Sportweek ha intervistato il difensore e il centrocampista per capire come sia andato l’inserimento con il calcio italiano e l’ambientamento a Genova: «La differenza più grossa fra il calcio italiano e quello polacco – afferma Bereszynski – sono i tifosi. In Polonia sono caldi, ma solo allo stadio. Qui invece si parla di calcio tutta la settimana. Inoltre, da noi mai i tifosi andrebbero allo stadio insieme, come ho visto fare qui al Derby: farebbero a botte lungo tutta la strada. Il vostro calcio è un mix di tattica, tecnica e atletismo: per un difensore non è facile, non ero abituato a tenere così alta la soglia dell’attenzione».
AMBIENTAMENTO E PROBLEMI ANNESSI – Linetty, che ha potuto vivere Genova e l’Italia qualche mese in più del compagno di squadra, si dice affascinato da capoluogo ligure: «Di Genova mi hanno colpito la cultura e la storia. Questa è la città di Cristoforo Colombo, qui è passato Garibaldi. E poi ci sono Portofino, Camogli. Per un polacco è certamente più facile ambientarsi in Italia che non per un italiano ambientarsi in Polonia. Da noi c’è uno stile di vita molto più frenetico, gli italiani invece sono molto più tranquilli: c’è la pausa caffè, la siesta. A me i tempi morti fanno impazzire: quando ero in albergo, prima di prendere casa, cercavo sempre qualcosa da fare». Si passa a descrivere pregi e difetti di ognuno: «Karol è un professionista al 100% – sostiene il classe ’92 –, capace di allenarsi anche fuori dal campo. Il suo difetto è che per essere una mezz’ala che attacca molto, ha segnato poco». Linetty, invece, vede ancora qualche lacuna tattica nel compagno: «Deve imparare a scivolare – ad allinearsi con la linea difensiva, ndr –, per il resto non ho rimproveri da fargli». In generale, entrambi si dicono soddisfatti di aver scelto i colori blucerchiati: «Il calcio italiano è il migliore per crescere», afferma il numero 16, cui fa eco Bereszynski: «Quest’anno eravamo in molti nuovi, compreso il mister. L’anno prossimo faremo ancora meglio». Resta tuttavia un piccolo problema, cui i due polacchi proprio non sono riusciti ad abituarsi: «Il dialetto genovese – dice Bererszynski –: l’unica parola che abbiamo imparato è “belin“».