2013

Ajazzone, l’uomo Sampdoria: «Questa ormai è la mia famiglia»

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Giorgio Ajazzone, un uomo blucerchiato fino al midollo, che ormai lavora alla Sampdoria da 35 anni, prima, come ricorda “Il Secolo XIX”, come impiegato, da quasi vent’anni come team manager.

Il classe ’55 è a conoscenza di tutti i segreti del Club di Corte Lambruschini, anche perché vive 365 giorni all’anno le faccende blucerchiate: «Da quanto sono qui? Da novembre ’78. Tra pochi giorni festeggio i 35 anni. È la mia famigliaracconta ai taccuini del quotidiano genovese – Ma nessuno è insostituibile. Quanti derby ho visto? E chi lo sa, mai tenuto il conto. Calcolate che vado allo stadio da quando ho 5 anni, la prima volta direi nel ’59. Ricordo un gol di Cucchiaroni, in macchina ha una tessera della gradinata Sud “allievi” del ‘66».

Quindi di stracittadine Ajazzone ne ha viste moltissime e ha esultato altrettante volte, anche se la gioia più bella risale agli anni di Mancini: «L’anno non lo ricordo, ricordo l’azione: Mancini che parte da metà campo e si infila in mezzo a Faccenda e Onofri e fa gol. Fantastico. E un’altra gioia è la rovesciata del Maraschi», era il 17 marzo ’74 ricorda il giornalista, che chiede all’uomo-Samp dov’era quel giorno: «Avevo 19 anni, ero in gradinata Sud con gli amici di Rivarolo, ci siamo detti poco prima: “Andiamo verso l’uscita che qui marca male”. Perdevamo. Poi Maraschi ha inventato quella magia. Erano anni che né noi né il Genoa ci toglievamo soddisfazioni, arrivavamo sempre quint’ultimi, quart’ultimi, il derby era l’unico momento per alzare la testa. Per dire, l’anno della punizione di Branco abbiamo perso ma poi vinto lo scudetto. Avevi occasioni per rifarti. Negli anni Settanta no: erano partite uniche, decisive».

Quello di Ajazzone è un lavoro fantastico, soprattutto perché è sempre a contatto con i colori più belli del mondo: quelli blucerchiati. Tifoso blucerchiato dalla nascita, destinato ad essere legato a questo club: «Il mio padrino era Mugnaini. Pierluigi Gambino mi ha detto che cercavano un impiegato. Ho fatto un colloquio ed eccomi qui. Aggiungeteci che ero già tifosissimo. Figuratevi la gioia. Chi era il presidente di allora? Costa? Poi l’anno dopo è arrivato Paolo Mantovani. Poi il figlio Enrico. Poi i Garrone fino a oggi. Il migliore? Ognuno è stato un grande, dobbiamo essere riconoscenti a tutti. Non sono parole di circostanza, è così. Paolo Mantovani aveva un carisma unico, non doveva neanche. I Garrone sono signori come ce n’è pochi: senza di loro la Samp non esisterebbe più. Non devo far carriera, lo dico perché lo penso».

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