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Abate e quell’esordio al Ferraris: «Che ricordi, sempre grato alla Samp»

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Una presenza in prima squadra per l’ex Abate, ma che ricordi: «Grandi emozioni, sempre grato alla Sampdoria»

Il 6 aprile del 1996 rimarrà sempre una data scolpita nel cuore di Giovanni Abate, chiamato all’esordio con la maglia della Sampdoria poco prima della gara casalinga contro il Bari, poi vinta 2-0 dai blucerchiati. Una sola presenza, e anche l’ultima, per l’allora ventenne centrocampista: «Mi fu comunicato direttamente da Eriksson che avrei giocato dall’inizio e per me fu davvero emozionante – esordisce Abate ai microfoni di Samp TV -. Non me l’aspettavo, pensavo perlomeno di subentrare. Già da gennaio mi allenavo a Bogliasco con la prima squadra, con campioni del calibro di Mancini, Mihajlovic, Seedorf, Salsano, Zenga, Chiesa. Poter imparare da questi grandi giocatori, sia a livello tecnico che umano, fu una cosa fantastica».

Il tecnico si presa la responsabilità di mandarlo in campo dal primo minuto: «Eriksson, come Mancini, era di poche parole, ma efficaci. Quel giorno gli risposi timidamente quando annunciò il mio debutto, e lui mi disse “Perché, non vuoi giocare?”. Gli risposi che non mi aspettavo proprio di essere schierato titolare. Ho saputo di giocare contro il Bari subito dopo pranzo, ricordo che era il sabato di Pasqua: nel riscaldamento avrò perso due chili per l’emozione (ride, ndr). Penso che non fosse neanche pronta la mia maglia, credo che l’abbiano dovuta preparare all’ultimo».

Abate ricorda molto bene tutti i momenti di quella giornata speciale: «Toccai pochi palloni, ma non li sbagliai. Anche i giornali furono piuttosto positivi sulla mia prestazione. Giocavo esterno destro, al posto di Seedorf, che quel giorno era squalificato. Tutti mi aiutarono molto e mi consigliarono di giocare come fossi stato in Primavera o in allenamento con loro. Rimasi in campo per tutto il primo tempo e per circa un quarto d’ora del secondo, poi subentrò Maniero, che sbloccò anche la partita: mi ricorderò sempre l’azione spettacolare del 2-0, con Karembeu che scartò tre-quattro giocatori e mise quella palla bellissima in mezzo per Mancini, che schiacciò di testa».

Un’esperienza emozionante ma isolata, dato che l’ex numero 28 non vide mai più il campo con la maglia della Sampdoria: «Dopo quella partita mi continuai comunque ad allenare con la prima squadra, mi ricordo anche la bellissima tournée in Australia e Indonesia. Purtroppo non ci fu un’altra l’occasione perché a quei tempi la Sampdoria era una squadra formata da campioni: quando rientrarono infortunati e squalificati, la squadra si dovette giocare fino all’ultima partita la Coppa UEFA, poi sfumata».

Nonostante non abbia avuto un seguito a Genova, quell’esordio gli aprì altre porte in leghe minori: «Sarò grato alla Sampdoria per tutta la vita per quest’occasione, ma anche per i tre anni di contratto che mi fece: ho fatto una discreta carriera in Serie C fra Prato, Albinoleffe, Biellese, Ivrea, Bassano del Grappa, ma purtroppo non sono stato così bravo e fortunato da poter ritornare indietro alla casa madre. Ho fatto una quindicina d’anni tra i professionisti, ed è già tantissimo. Ringrazio la Sampdoria che mi ha lanciato e mi ha permesso di fare questo percorso. Son passati 22 anni da quel famoso giorno, adesso ne ho 42 ho chiuso quattro anni fa la mia carriera calcistica, per poi rilevare un bar-tabacchi. Solo guardare la maglietta che indossavo mi fa tornare indietro a momenti bellissimi: ho messo una foto di quella partita anche come immagine del profilo Facebook – conclude – è un motivo di orgoglio e un ricordo bellissimo».

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