2013

A spasso per Rosario, la città di Icardi. Il suo primo allenatore: «Era un talento naturale»

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Rosario, 300 km a nord dalla capitale dell’Argentina Buenos Aires, è la città che sforna i talenti del calcio internazionale. E tra quel miliardo di abitanti ne sono nati e cresciuti due in particolare. Come non ricordare Leo Messi, sfornato dagli dei del calcio nel quartiere Bajada. Sei anni dopo, sempre a Rosario è nata un’altra stella: Mauro Icardi, del barrio Alberdi. Si certo, andiamo piano con i confronti: Messi è inserito di diritto nella top-3 dei calciatori in circolazione sul pianeta mentre Maurito si deve ancora fare.

SportWeek, settimanale della Gazzetta dello Sport, ha fatto un giro nel quartiere dove l’attaccante blucerchiato è nato e cresciuto. Il primo a rompere il ghiaccio ed a raccontarci la storia (calcistica) di Icardi è Jose Alberto Cordoba, il suo primo allenatore. 

Era fine dicembre quando Jose Alberto rivide entrare nel suo ristorante il suo ex allievo, che aveva visto per l’ultima volta quattro anni fa quando non era ancora sbarcato nel palcoscenico della Serie A: «Ho sentito una voce alle mie spalle che diceva: “cameriere, ce l’ha un tavolo per me?. Mi sono girato e c’era lì Mauro, con una maglietta della Sampdoria in mano. Erano quattro anni che non lo vedevo».

Smaltita l’emozione, Cordoba parte a raccontare a ruota libera i ricordi del passato, racchiusi tra cuore e una scatola dove contiene foto, ritagli di giornale, magliette autografate del suo pupillo: «Era il 1998, io stavo allenando i ragazzini di cinque anni. Mi portarono Mauro, che già all’epoca era una spanna più grande dei suoi compagni. Gli detti un pallone e gli dissi di portarlo fino a metà campo, per vedere come se la cavava. Lui corse fino alla porta opposta e tornò indietro in un minuto: una velocità incredibile. Mi dovettero far vedere il documento per convincermi che non aveva un paio d’anni più degli altri. Capii subito che avevo tra le mani un talento naturale».

Il campo del Sarratea, la prima squadra dove militò Icardi, si trovava a pochissimi passi da casa sua. A dividere i due luoghi più importanti della sua vita c’era solo un muretto divisorio: «Una volta, aprendo il portone – confida sempre Cordoba -, sopresi Mauro bagnato come un pulcino, solo in mezzo al campo: aveva scavalcato il muro un’ora prima dell’allenamento, incapace di contenere la sua voglia di giocare. Lo misi a correre durante tutto l’allenamento mentre i suoi amici giocavano. Non lo fece mai più».

Dopo il mister, la palla (dei ricordi) passa nei piedi di Juan Manuel Gil, detto Juanchi, suo amico da una vita: «Mauro non è cambiato per niente – assicura Juanchi -. Il successo non gli ha dato alla testa: è lo stesso ragazzo generoso e schietto che era da bambino, con un cuore grande così. Un señorito dentro e fuori dal campo».

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