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Sono loro i migliori che abbiamo?
Quando a inizio stagione avevo preventivato qualche sconfitta della Sampdoria, ma tutte guidate dal bel gioco, non mi aspettavo che quelle poche che mi aspettavo diventassero così tante. C’è da dire che molte di quelle maturate fino a ora sono figlie di episodi sporadici che ci hanno condannato, vedere Roma o anche la gara col Milan, senza dimenticare Cagliari: l’unica partita che effettivamente il Doria meritava di perdere era quella col Bologna.
Il fatto di perdere e nel mentre riuscire a giocare anche bene, però, è una costante che almeno accontenta metà del nostro spirito battagliero di blucerchiati, sebbene poi la classifica, e di conseguenza anche i punti, stiano lì a languire. Almeno domenica, col Palermo, un punto l’abbiamo strappato. Con i rosanero è arrivato il primo pareggio stagionale, per una squadra che fino a oggi non aveva saputo mostrare mezze misure, ma soltanto estremismi: o vittoria o sconfitta. E il punto è arrivato nello stesso modo in cui stava per arrivare quello di Cagliari: Bruno Fernandes entra, in pochissimi minuti fa tutto quello che nessuno dei suoi compagni di reparto è riuscito a fare, e quindi segna. Non voglio essere così scontato da affannarmi sul giovane portoghese, che ammetto essere un mio pallino da almeno due anni, nonostante gli alti e bassi in maglia friulana, però penso che Fernandes meriti qualche attenzione in più.
È abbondantemente finito il periodo di gestazione al Doria, quello che ti portava a dire che il nostro numero 10 era arrivato troppo tardi a Bogliasco (a fine agosto, praticamente) e che la nazionale portoghese ha tenuto per troppo tempo impegnato, impedendogli di entrare negli schemi di Giampaolo. Penso che la Sampdoria, allo stato attuale delle cose, non possa permettersi il vanto di escludere dalla propria formazione titolare un giocatore che l’Udinese ha tenuto come titolare inamovibile degli ultimi anni. Peccherebbe di superbia e di saccenza, perché allo stato attuale delle cose Doria e Udinese non sono separate da chissà quale distinzione di qualità. Esaurito l’aspetto legato alle prestazioni del nostro numero 10, che potrebbe finalmente rompere quella maledizione avviata dopo la partenza di Pazzini, che ha visto tutti i successivi numeri 10 regalarci più dispiaceri che gioie, mi preme ripercorrere una dichiarazione che Giampaolo ha voluto consegnare alla stampa presente, nel post-gara, durante la propria conferenza: nonostante le quattro sconfitte, la squadra ha fatto il suo gioco, senza paura.
È indubbio, perché è il leitmotiv iniziale di questa disamina, che il Doria stia giocando a calcio, stia facendo girare la palla in maniera adeguata, ma allo stesso tempo è indubbio che il nostro tecnico abbia delle convinzioni tattiche che gli impediscono, soprattutto a gara in corso, di cambiare, magari sovvertire quella che è la formazione e correre ai ripari. Sostituire così tardi Alvarez, nella giornata di ieri, non è una mossa concessagli, soprattutto perché cozza con quanto fatto a Roma con Pavlovic, praticamente bocciato dopo 45 minuti. Allo stesso tempo sarebbe da domandarsi quanto un Alvarez come quello visto ieri può essere utile, attualmente, alla causa Sampdoria. Giampaolo ha dimostrato di avere questi punti fissi di formazione, che portano il nome di Linetty e di Torreira, o anche Barreto, che pur ben figurando potrebbero, saltuariamente, cedere il posto a qualche altro interprete, per concederci il beneficio del dubbio, per chiederci se effettivamente stiamo schierando il meglio che abbiamo.
Certo è che, converrete con me spero, togliere adesso dal campo un giocatore come Torreira, che corre e macina chilometri, è un azzardo, ma vale lo stesso discorso fatto per Fernandes poc’anzi: Cigarini non è sicuramente da meno e l’Atalanta, che lo ha tenuto in campo per anni, non era una squadra di livello inferiore alla nostra. Valutazioni, in ogni caso, che poi non trovano nemmeno soluzioni, nemmeno quando si va a ragionare di Skriniar, al quale il tecnico imputa l’aver segnato meno gol di quanti ne avrebbe dovuto fare, soprattutto ieri, al quale si dovrebbe imputare qualche errore difensivo, pur dovendo arrendersi all’evenienza che, infortunatosi Pavlovic e non essendo Dodô il giocatore inviatoci come messia, un vero sostituto non c’è. A meno che Krajnc non vada a scalare le gerarchie. La Sampdoria, in conclusione, alla gioia iniziale di una formazione che gioca a calcio e che fa divertire, ha ceduto il passo ai sentimenti contrastanti delle sconfitte o dei pareggi strappati all’ultimo secondo, facendoci rimanere in territori impervi. Lottano fino alla fine, certo, ma perché non dovrebbero? D’altronde nessuno, a questo mondo, accetta una sconfitta.