2015
L’analisi di Pellegrini: «Montella fa un calcio pensato, se lo capisci non ti fermi più»
Se c’è uno che di calcio, ma soprattutto di Samp, se ne capisce, quello è di certo Luca Pellegrini. Lo storico capitano della stagione ’90/’91 è tornato a parlare della sua squadra del cuore, con cui ha vinto tre Coppe Italia, un campionato e una Coppa delle Coppe. Ora opinionista per Sky Sport e Primocanale, l’ex-difensore ha rilasciato una lunga e interessante intervista alle colonne de La Repubblica, analizzando il momento di difficoltà del club genovese: «Vuoi mettere i giocatori in difficoltà? – esordisce – Falli pensare. La squadra mi sembra disorientata, confusa. Quello di Montella non è un calcio istintivo, ma pensato. Non chiede cose stupefacenti, paradossalmente è più semplice, possesso palla, passaggi corti, squadra che si muove sempre in avanti, ma va sviluppato in maniera collettiva, non per singolo reparto e tantomeno a livello individuale. E’ coinvolgente, armonico e all’inizio può risultare complicato, visto che sono tutti protagonisti, compreso il portiere. In questo momento i giocatori faticano a recepirlo, un po’ come accadeva al Milan di Sacchi, con fuoriclasse come Baresi costretti a vedere le videocassette con i movimenti del compianto Signorini. Faticando tutti, sembrano alla deriva. La cosa positiva è che Montella sostiene di aver visto qualcosa di positivo. Poichè è bravo, la carriera parla per lui e sa quello che vuole, non resta che aggrapparsi alle sue parole e avere fiducia».
Certo è, che la classifica non è delle migliori, anzi. I 16 punti raccimolati da Zenga sono rimasti lì, intatti, fermi da ben 4 giornate e ora la zona retrocessione non è poi così lontana, sebbene siamo all’inizio del campionato: «Essere preoccupati è giusto, perchè per sviluppare un certo tipo di gioco ci vuole personalità e questa squadra pare averne poca. Il coraggio di un compagno lo capisci quando ti chiede la palla: ai miei tempi c’era chi la voleva addosso anche se marcato. Altri invece lo fanno apposta, si avvicinano all’avversario e paiono dirti, non darmela. La personalità sta all’autostima, come il talento alla tecnica. Le seconde due puoi migliorarle, le prime due o le hai o no. Montella farà crescere il collettivo – spiega – ma i giocatori devono tirare fuori tutto quello che hanno, migliorare nella testa, altrimenti sarà tutto inutile».
Il tempo a disposizione del nuovo tecnico è stato poco, e con la fretta, si sa, si fanno le cose male: «Montella a luglio sarebbe stato l’ideale, adesso è più difficile. Bisogna avere pazienza, aspettarlo, perchè lui lavora sulla mente, sui tempi di gioco, sulla tecnica e sulla tattica. Con la sola qualità ormai non vai da nessuna parte, nel calcio moderno il saper stare in campo fa la differenza. Al momento i giocatori della Samp non interpretano la partita, la vivono passivamente».
I problemi di adesso hanno origine, secondo molti, nella preparazione estiva di Pinzolo, che è parsa molto più blanda di quelle passate: «Io non conosco il lavoro di Zenga, nè i metodi di Montella, non posso giudicare dal di dentro e preferisco non entrare nel merito. Io posso parlare di ciò che si avverte da fuori: rispetto ad altre squadre quella blucerchiata sembra correre poco. Ma credo sia un problema d’atteggiamento. Ho visto Lazio-Juve, i bianconeri non stavano mai fermi, tutti sapevano cosa fare. Poi ho guardato la sfida con il Sassuolo, una differenza abissale. Con giocatori che parevano aspettare l’ordine per muoversi. E nella maggior parte dei casi tendevano a nascondersi». Non buone le statistiche per la compagine blucerchiata: «C’è un dato che fa riflettere, su 25 reti, 21 sono state incassate con tiri dentro l’area di rigore. Segno che a non funzionare è l’intera fase di non possesso, non solo i difensori. La Samp è la squadra che ha subito più tiri in porta dopo il Frosinone, Viviano è il portiere che ha compiuto più parate. Al tempo stesso ha percentuali realizzative più alte rispetto alle conclusioni, segno che all’inizio ha vissuto soprattutto sull’estro di Eder e sul suo avvio di campionato strepitoso».
Sulla validità dell’allenatore scelto, Pellegrini nutre alcuna perplessità, ma piuttosto guarda ai giocatori: «Non penso sia ragionevole avere dei dubbi. E’ vero che il Catania era pieno di argentini, la Fiorentina di spagnoli, gente abituata e brava nel palleggio, ma anche dalla Samp saprà tirare fuori la giusta qualità. E’ necessario però che tutti i reparti migliorino il loro rendimento, a cominciare dal centrocampo, dove mancano filtro, compattezza e densità. Naturalmente anche gli attaccanti devono crescere: sia in fase di possesso, dettando di più il passaggio, non tanto Eder, quanto Muriel, che di non possesso».
Troppi i gol subiti, e gli avversari arrivano facilmente davanti a Viviano, sintomo di una fase difensiva poco organizzata: «C’è un problema strutturale. Se vuoi aggredire alto, la difesa non deve staccarsi, per paura di essere attaccata alle spalle. Moisander e Silvestre tendono a stare vicini all’area, perchè non sono troppo veloci, ma solo l’Inter e un po’ il Napoli ha centrali non lenti, per cui con gli automatismi si può sopperire. L’importante è una difesa di squadra, su 3 o 4 linee, a seconda del modulo. La retroguardia va protetta, altrimenti subire tante reti è inevitabile».
Il periodo non è piacevole, ma l’ex-blucerchiato guarda al futuro con ottimismo: «Se c’è speranza? Assolutamente. E’ giusto mettere il dito sulla piaga e già che ci siamo aggiungo un altro problema, il fatto che la Samp storicamente non ha il combattimento nel suo Dna. Guai però a pensare che il destino sia segnato, a scendere in campo molli o avviliti. Ci vuole una scintilla, invertire la tendenza. Un’arma c’è, sono le idee di Montella. Se le assorbi, poi non ti fermi più».