2015
Zenga non abbassa la guardia: «Mi aspetto qualità, ma il Frosinone è una squadra attenta e compatta»
Dopo la consueta rifinitura mattutina, mister Zenga riunisce i giornalisti in sala stampa per presentare il match che andrà in scena domani al “Matusa”. Partita da non sottovalutare, che può portare punti pesanti nel bilancio complessivo della classifica, anche se sulla carta potrebbe sembrare un’impresa facile. Assenti importanti tra le fila doriane, quali Fernando (che quasi sicuramente verrà sostituito da Palombo) per squalifica e Silvestre, ancora ai box per l’infortunio. Eder sembra essersi ripreso dalla botta al ginocchio subita in Nazionale e potrà essere negli 11 titolari per la sfida contro i ciociari. “Ritorni a casa” sia per il capocannoniere brasiliano (che ha indossato la casacca gialloblù dal 2007 al 2009), che per Palombo (originario di un paesino limitrofo in provincia di Frosinone).
Con qualche minuto di ritardo Zenga è arrivato in sala stampa, pronto a soddisfare le richieste dei giornalisti. Le riprese dopo le soste sono mai state fortunate per la Samp, ma il tecnico non sembra preoccupato per la prossima gara: «Mi aspetto qualità. Se abbiamo gente che va in giro per il mondo siamo felici. Noi abbiamo la concentrazione giusta e possiamo fare bene, dobbiamo continuare quello che abbiamo iniziato con l’Inter, una prestazione di un’intensità e di un’attenzione uniche».
Gara speciale sia per Eder che per Palombo, che riabbracciano una città a loro cara: «Non credo che abbiano motivazioni in più, dev’essere giocare per la Samp la motivazione. Poi c’è l’aspetto emotivo, personale, e per Angelo che è nato lì, naturalmente sarà speciale».
Si passa poi a parlare dell’impostazione tattica adottata in questo inizio di stagione: «A seconda dei giocatori che ho a disposizione, mi adatto, anche a partita in corso. Ridendo e scherzando, Ivan lo chiamavo Florenzi. Ogni tanto si possono fare anche delle prove che possono venire utili un domani. Un conto è farlo a secco, senza dinamicità, un conto è farlo con degli avversari che ti mettono pressione». Nonostante sia una neopromossa, il Frosinone sembra una buona squadra: «Partirei dal presupposto che ci dev’essere sempre il rispetto per l’avversario, sono professionisti e prima di tutto persone. Il fatto che loro abbiano entusiasmo, beh, siamo all’ottava di campionato, l’abitudine direi che ce l’hanno fatta. Hanno preso un punto con la Juve, che è tanta roba, e hanno tenuto in scacco la Lazio fino all’ottantesimo, quindi ora è una squadra compatta, attenta, corta e soprattutto hanno una mentalità che mi piace molto. Quando vedo un senso di appartenenza come il loro, una sinergia tale, mi fa piacere e vorrei che la mia squadrasentisse e facesse lo stesso. Sono contento di giocare a Frosinone, perchè il calcio ha bisogno di società come la loro, o l’Empoli, o il Carpi, piene di passione. Sono contento di andare a giocare lì».
A proposito di variazioni tattiche, Correa continua a spostarsi di ruolo e da esterno sinistro, contro l’Inter, ha disputato un’ottima gara: «Io l’ho studiato molto e nella Coppa Libertadores ha giocato spesso in quella posizione. Credo che dobbiamo dare fiducia ai nostri giovani, e secondo me il “Tucu” è un giocatore di qualità superiore».
Sul libro appena pubblicato, gli viene chiesto se ci possano essere aspetti in comune con la vigilia di questa partita: «Ho scritto un libro perchè ero fermo, volevo far capire cosa fa un tecnico senza squadra. Successivamente ho voluto fare un percorso di quelle che sono state le mie esperienze in diversi paesi dell’Est. Ho imparato che puoi essere bravissimo, fare il 4-4-2 o il 4-3-3 o quello che ti pare, ma è la gestione delle situazioni che denota una crescita. Non c’è una situazione che si può adattare a quelle scritte nel libro, ma la cosa che mi piace sempre rimarcare è che ci vuole senso di appartenenza, è questo che conta. Un libro bisognerebbe scriverlo a fine carriera, ma a fine carriera poi non te lo legge più nessuno (ride, ndr)».
Un’ultima battuta sul lavoro svolto fino ad ora e sul quanto potrà durare la sua permanenza qui a Genova: «Sono assolutamente sereno, e so benissimo che il lavoro di un allenatore può durare 10 giorni come 10 anni. L’ho già ribadito più volte, qui è un punto d’arrivo e non mi interessa altro. Mi interessa solo far bene qua».