2015
Lombardo e le foto-ricordo con la Samp: «Abbiamo vissuto emozioni indimenticabili»
Un tuffo nel passato tra foto e cimeli. Attilio Lombardo ripensa a quella che fu la Sampd’oro di Vujadin Boskov, scorrendo qualche fotografia tra le sue mani nella redazione de “Il Secolo XIX”. In borghese o in campo, sono tante: «Non pensavo nemmeno che me ne avessero scattate così tante. In bianco e nero. Signfica che sono vecchio… ma anche che ho avuto la fortuna di poter vivere dentro un calcio affascinante. Completamente diverso da oggi». Dal gol contro l’Arsenal all’unica rete mancina contro l’Ascoli, tanti i ricordi rievocati da Lombardo.
A quell’epoca il “Ferraris” era sempre una bolgia: «Di quelle volte in cui si vede che Marassi era pieno, perché a quei tempi era sempre pieno, anche quando era a metà per i Mondiali. Ed era uno spettacolo. Ricordo anche quella volta in cui abbiamo vinto lo scudetto e io non me lo sono potuto godere tutto a fine partita, perché mi hanno costretto ad andare in televisione». Le foto ricordano anche un record mai battuto da Lombardo: «Ricordo quella volta che Dell’Igna della Cremonese mi ha fatto un fallo e l’arbitro mi ha ammonito per simulazione, facendo scattare la squalifica e interrompendo la mia serie di presenze consecutive con la Samp. Ero arrivato a 144».
Non solo ricordi, ma anche gol importanti e vittorie raccolti da quelle foto: «Quella volta che ho segnato il mio primo gol in Coppa Campioni, contro il Rosenborg. O quella che abbiamo vinto a Napoli e ci siamo sentiti bravi. E io pensavo: Vialli e Mancini sono forti, ma non lo sarebbero senza Mannini, Pari, Cerezo, Dossena, Vierchowod… e un pochino anche Lombardo». E pensare che il 1991-92 non vide la migliore delle partenze: «Dopo lo scudetto siamo partiti così così. E Paolo Mantovani ci disse: «Possiamo anche retrocedere, ma vinciamo la Coppa dei Campioni». E ricordo quella volta che sono andato a una festa di tifosi con Enrico e Francesca Mantovani, una famiglia fantastica…».
Una foto cattura anche l’ultima con la Samp prima di passare alla Juventus: «Quella volta sono andato sotto la Sud, perché era la mia ultima partita prima di trasferirmi. E mi sono detto che quella Gradinata sarebbe rimasta per sempre la mia Gradinata». Quella Sampd’oro rimarrà nell’immaginario collettivo per sempre: «Resteremo il punto di riferimento per tutte le Samp che verranno, ma non dobbiamo essere una spada di Damocle per loro. Perché quel calcio non c’è più. Non avevamo i parastinchi, potevamo passare la palla al portiere, esistevano due moduli: il 3-5-2 e il 4-4-2. I nostri avversari erano Maradona, Careca, Mattheus. I paragoni non si possono fare».
C’è un giocatore della Samp di oggi che Lombardo identifica con sé stesso: «Sento dire che Éder mi assomiglia: lo guardo, è veloce come me, ma poi è più bravo tecnicamente e segna di più. Questa è una A livellata, dove c’è spazio per le sorprese. E questa Samp è forte, può diventare la sorpresa. Zenga è bravo. Penso che chi veste questa maglia debba conoscerne la storia, perché solo così la si può amare». Guardando al passato, Lombardo non cambierebbe nulla: «Se potessi tornare giocatore, non sceglierei di farlo oggi, ma a quei tempi là. Mi rivedo vicino a Roberto, Gianluca, Moreno, Pietro, Toninho… tutti in fila per entrare in campo. Sento il boato dei nostri tifosi. E a chi l’ha vissuto dico: raccontatelo a chi non c’era. Ai vostri figli. E spero che anche loro possano far festa e riprovare emozioni che ti segnano per la vita».