2015
… invece era un calesse
Nel 1991 la Sampdoria vinceva il suo primo, e unico, Scudetto con Vujadin Boskov in panchina, Roberto Mancini e Gianluca Vialli in attacco. Nel 1991 usciva al cinema anche uno dei film più ispirati di Massimo Troisi, il cui verbo a Napoli ha fatto più miracoli dell’amato San Gennaro, come diceva il Roberto nazionale: Pensavo fosse amore… invece era un calesse. Sì, ma perché il calesse? Perché una persona dovrebbe confondere l’amore con un calesse?
Perché la delusione è tanta, è forte: si è confuso il sentimento più aulico che esista al mondo con un oggetto materiale di fattura dozzinale, di creazione posticcia, che può offrire diverse soluzioni di utilizzo, che può essere guidato sia col cavallo che con l’asino: insomma, un oggetto come tanti, che si contrappone facimlente all’immateriale senso dell’amore. E verrebbe quasi da dire che la Sampdoria, noi, l’abbiamo confusa dopo il 5 a 2 col Carpi, ma d’altronde l’avevo ipotizzato che una rondine non potesse fare Primavera e che Napoli sarebbe stato il crocevia di tanti dubbi, di tante domande cui dare una risposta. È stato così.
Al di là dell’ottimo secondo tempo di Eder e Luis Muriel, accompagnati da un incontenibile Fernando, che ha smistato palloni per 90 minuti con una precisione tale da sfiorare il cento per cento di riuscita, la Sampdoria non ha reso quanto avrebbe potuto e dovuto. Affidarsi al proprio campione è lodevole, lo è un po’ meno quando quel campione guarda dritto verso un’altra direzione, verso Milano, e nel suo comandare la classifica cannonieri con quattro reti dopo appena due giornate avalla le speranze dei nerazzurri e distrugge un po’ quelle dei sampdoriani, che intanto, però, scendono nella piazza virtuale a protestare. Senza Eder ieri sera non saremmo usciti dal San Paolo con un bottino onesto, modesto, meritato, perché il primo tempo della squadra di Walter Zenga è proprio quello che ci suggeriva Troisi: pensavamo fosse amore, invece era un calesse.
Higuain ha potuto bucare due volte la difesa doriana con lo stesso movimento, l’identico: se fossimo avvezzi ai paragoni squinternati, come chi nel tempo ha voluto accostare Robben a Cerci, diremmo che è sembrato di rivedere la finale di Champions League che laureò l’Inter campione del Triplete, con Milito che due volte, per entrambe le sue reti, aggirò la difesa del Bayern con la stessa finta. Altri palcoscenici, altri avversari, senza nulla togliere a Regini e Cassani, che intanto ieri sera il fuorigioco l’hanno sbagliato due volte. Con Zukanovic chiaramente ancora fuori forma, ma leggermente giustificato dal fatto che oggi si opererà per mettere a posto una pubalgia che ne sta pregiudicando l’utilizzo in campionato, viene da chiedersi anche dove sia finito il Silvestre dello scorso anno, o come sia possibile che Cassani – che in Serie A gioca da diversi anni, non dall’altro ieri – sia rimasto così piantato in terra sbagliando il movimento per mettere Higuain in offside. Sbandate di una serata? Non me la sento di dirlo, perché due gol contro il Carpi sono arrivati, e stava per arrivare anche il terzo se non fosse stato per Viviano. Questa Sampdoria ha già subito quattro reti, le stesse del Frosinone, per dire.
Sarebbe stato molto più aulico e rispettoso, per i nostri confronti, prendere gol da Insigne, che sulla trequarti campo ha fatto quello che voleva, a suo piacere, in qualsiasi momento, piuttosto che da due inserimenti nel vuoto di Higuain: è sembrata una resa, una mancanza di voglia nel combattere. Una difesa che probabilmente ha ancora qualcosa da rodare, qualcosa da rivedere: che Cagni si adoperi, quindi, perché ieri c’era Eder a recuperare le due reti di svantaggio, magari ci sarà anche domani – lo speriamo – ma nessun giocatore nella storia della Serie A ha segnato 60 reti in un campionato.
In ogni caso le previsioni sui punti sono state rispettate: al termine del calciomercato guardiamo la classifica relativamente dall’alto, con quattro punti in saccoccia, due in meno di chi ha avuto un calendario leggermente più favorevole, ma comunque sulla scia delle prime. Ora arriva il capitolo più difficile della nostra storia: trattenere Eder e Roberto Soriano. Ci sono troppi Roberto in questa storia e io non voglio lasciarne andare nemmeno uno. Ma si sa, a decidere non sono io.