C'era una volta la Sampdoria - Samp News 24
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2015

C’era una volta la Sampdoria

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C’era una volta la Sampdoria. Non mi esce altro, dopo lo scempio di Empoli è difficile restare calmi. Una delle gare più orribili della stagione, l’1-1 è un furto blucerchiato e non cominciamo con i discorsi legati alle occasioni in coda al match che potevano girare meglio. Oggi gli alibi lasciamoli stare, per cortesia. Il vantaggio toscano di Pucciarelli, valso l’1-0 momentaneo nella ripresa, avrebbe potuto tranquillamente essere il terzo, forse il quarto gol empolese da inizio match. Vita facile se di fronte hai una squadra senza capo né coda, messa in campo da un tecnico che da troppo tempo sceglie per stupire, per polemizzare, invece di affidarsi a soluzioni semplici ed efficaci. Eto’o e Duncan seduti in avvio, 4-3-3 con Acquah che ha fatto l’esterno e non l’interno. Reparti spaccati e zero corsa, Djordjevic da far tenerezza (ma non è colpa sua, sia chiaro). L’unico schema pervenuto è il seguente: palla a Viviano, lancio lungo sul fantasma di Muriel o palla al laterale difensivo che lancia lungo, sulla fascia, recapitando la sfera sui piedi degli avversari. L’Europa? L’Europa così non la meriti nemmeno un poco, non contiamoci balle. Infatti a parlare è la classifica, che oggi matematicamente estromette la Sampdoria dal treno Uefa. Se Europa sarà, sarà per la burocrazia e le licenze, e pure qui mi fa arrabbiare l’ipocrisia: non condivido chi dice che ci si debba rifiutare di giocarla, al pari non condivido chi è pronto a esultare. Il problema non sta nei discorsi arzigogolati e interminabili legati allo stile, al rispetto delle regole e altro, il problema sta nel capire come sia possibile aver sperperato una stagione e mezzo in due mesi, anche se già da gennaio s’è cominciato a darsi mazzate nelle parti basse degne della miglior logica tafazziana.

C’era una volta la Sampdoria. Eh già, signori. C’era una volta pure Sinisa Mihajlovic. Il responsabile numero uno della caduta. Lui che fino a gennaio ha fatto miracoli, lui che da lì ha fatto di tutto per complicarsi e complicare la vita. Gabbiadini ceduto ha significato black out nel serbo, già ne abbiamo ampiamente discusso. Poi però qualcosa si è recuperato, senza il gioco (diventi più duttile, Sinisa, se vorrà inseguire ambizioni nelle sue prossime avventure) ma con gli spunti dei singoli, fino alla vittoria sull’Inter e, poco dopo, fino al crack di Éder. Da lì, in panchina, la Sampdoria ha avuto un fantasma. Mancanza impossibile da colmare, specie se il timoniere è sempre stato la forza di questo gruppo. E in fondo l’esperienza di Gasperini al Genoa, senza Pinilla e Matri dall’oggi al domani ma senza capricci e con la voglia di arrivare in alto, può insegnare qualcosa. Dall’Inter, dicevo, Mihajlovic ha staccato la spina: perdonabile (anche per il lavoro fatto dall’inizio della sua avventura) se di calo fisiologico trattasi; imperdonabile se il calo fosse dettato da sirene esterne e flirt a distanza con altre piazze. Temo perciò, sportivamente parlando, di non poter perdonare mister Sinisa. Come potrei? Sconfitta a Firenze, pari sprecone col Milan, pari col piccolissimo Cesena, disastro a Napoli, pari contro un Verona già in vacanza, sconfitta con la Juve, vittoria illusoria a Udine, sconfitta con la Lazio e poi Empoli. Per questo l’unico diktat, coraggioso, da oggi dev’essere: ripartire e cambiare. Cambiare tanto.

Non so chi siederà sulla panchina blucerchiata nella prossima stagione. So di certo però che servirà una scelta oculata e di prospettiva. Un tecnico che non cerchi vetrine per mostrarsi a piazze più prestigiose, un allenatore ambizioso che insegua e realizzi le proprie ambizioni con i colori della Sampdoria cuciti addosso. Finché Mihajlovic l’ha fatto, i risultati si sono visti. Per condurre in porto un’operazione di questo tipo serviranno due presupposti: l’uomo che verrà scelto, convinto di trovare a Genova il punto d’arrivo del proprio percorso, e la fiducia che la società riporrà in quell’uomo. Perché anche Ferrero dovrà imparare, da questa stagione: il patron “macchietta” che tanto ha fatto sorridere nel suo primo anno ha adesso il compito di dimostrarsi anche saggio uomo di calcio. Acquisti e modifiche, cessioni e investimenti, saluti e nuovi arrivi ce ne saranno, credo di non sbagliarmi. L’importante sarà come si investirà: nei “parametri zero” già qualcosa si è intravisto (Barreto e Moisander vanno bene), ora si tratterà di operare magari sempre vulcanicamente ma con un presupposto essenziale alla base, cioè l’assenso del tecnico su ogni movimento di mercato. Quel che è mancato nell’impostazione del mercato invernale, una delle componenti che hanno contribuito a inceppare la bella macchina blucerchiata.

Di Sampdoria-Parma non parlo. Scusatemi ma non me ne frega nulla. Vincere o meno non vorrà dire Europa sul campo. Certo vincendo, probabilmente, vorrà dire Europa sulla carta. Un traguardo immeritato per quanto visto da gennaio in poi. Un traguardo con cui però bisognerà essere abili a confrontarsi da subito, al termine di una stagione, a questo punto, senz’altro da resettare. E non vorrei sbagliarmi, ma se di reset si parla sarà allora opportuno rivoluzionare senza stravolgere, scegliendo i pilastri su cui puntare e le pedine con cui monetizzare. Le squadre si fanno tra giugno e luglio, almeno quelle ambiziose, magari puntellando e limando in coda ad agosto negli sclerotici palazzi di mercato del calcio moderno, nemici della pazienza di direttori sportivi, addetti ai lavori e tecnici stessi. Così si fa, così bisognerà fare per alzare l’asticella, se l’asticella vorrà essere alzata. Altrimenti bene così, ma poi nessuno si lamenti. Ah, un’altra cosa: bene le cessioni importanti se hanno i nomi e cognomi fatti fin qui e alle cifre fatte fin qui; male se si trattasse di Éder, il più incedibile di tutti.

C’era una volta la Sampdoria. Che dovrà avere ora la saggezza, la voglia e la fame per tornare sé stessa. Non dalla gara col Parma, ormai non serve più, ma dal 1 giugno 2015. Con volti nuovi. In effetti ne serviranno un bel pò.

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