2015
La Domenica con Lei – Una disfatta incommentabile
La partita di Torino è stata un disastro, sotto tutti i punti di vista. Risulta estremamente difficile abbozzare una qualsiasi analisi tattica della gara perchè nel gioco del Doria non ha funzionato praticamente nulla. Gli uomini di Ventura hanno giganteggiato e scherzato la Samp dal primo all’ultimo minuto, rendendo quasi una passeggiata una sfida che doveva essere ben diversa. Analizzando le parole di mister Mihajlovic, non solo quelle del post partita ma anche quelle delle ultime settimane (riguardo mercato e obbiettivi stagionali), è emerso un atteggiamento strano che, a mio avviso, non ha giovato per nulla alla squadra. Ma procediamo con ordine focalizzandoci sulla partita dell’Olimpico e sulle parole del tecnico serbo che si è definito il primo responsabile di questa pesantissima sconfitta.
Le scelte di formazione sono state decisamente infelici partendo dall’incomprensibile eslcusione di Duncan (nettamente il più in forma guardando le ultime uscite), proseguendo con il conseguente cambio di modulo (dal 4-3-1-2 al 4-3-3) e l’inserimento di Bergessio come punta esterna. E’ giusto dire, e qui Mihajlovic ha ragione, che i moduli e le qualità degli interpreti possono risultare nulli se l’atteggiamento nel terreno di gioco è remissivo e piatto ma è altrettanto pertinente dire che le scelte iniziali del tecnico sono sembrate un pò tirate, un po’ troppo forzate, tant’è, ad esempio, che dal primo della ripresa Duncan è subentrato a Bergessio. Inoltre, e questo è il dato più allarmante, la fase difensiva è stata, per non essere volgari, disastrosa, costantemente in affanno e completamente in balia degli eventi. Malissimo i due centrali in quasi tutte le scelte importanti, terribile la prova di Regini, apparso spaesato e non all’altezza del livello della gara. Sarebbe decisamente sbagliato andare oltre ed analizzare tutte le numerose cose che non hanno funzionato, puntando ingiustamente il dito sui calciatori. Il Doria finora ha fatto un campionato strepitoso ed è proprio per questo che certe figuracce sono da evitare nella maniera più assoluta.
Tanto si è parlato di obbiettivi stagionali e di mercato in questi giorni. L’allenatore, in maniera troppo marcata, ha smorzato qualsiasi tipo di entusiasmo parlando di “distrazioni” e di giornalisti/tifosi che si sono abituati troppo bene ai risultati del Doria (palati troppo fini oppure voglia di sognare?). E’ sembrato perfino scocciato da tanta attenzione rivolta alla sua Samp, protagonista assoluta del campionato di serie A. Poi si è parlato di ambizione sia da parte del presidente, sognatore coraggioso, sia da parte di Mihajlovic, che è apparso molto speranzoso nella possibilità di approdare a una grande squadra (non la Samp evidentemente). La cosa più assurda è stata bollare l’arrivo di Eto’o come una possibile distrazione quando per tutti i tifosi questo ha rappresentato un momento di eccitazione senza limite. Tante le parole, troppe le riflessioni sui sogni e poca attenzione alla coerenza e al messaggio che traspariva. Essere ambiziosi significa misurarsi con grandi obbiettivi e grandi sfide. Non significa nascondersi dietro il sipario quando lo spettacolo ha inizio. Quello che ho percepito, da tifoso, è stato confermato in questa terribile partita di Torino, culmine di settimane di grande tensione dovute al calciomercato. Una sorta di apparente fastidio da parte del tecnico, trasmesso anche ai calciatori, nel sentirsi affibbiare il titolo di “regina del mercato”, di essere considerati una squadra che può sognare l’Europa e la conseguente insicurezza provata dalla squadra nel misurarsi con tale prestigiosa concretezza.
La sconfitta di Torino è stata come un pianto liberatorio da una tensione immotivata. Il mercato, la classifica, le ambizioni di Ferrero, i sogni dei tifosi e l’arrivo di Eto’o sono tutti ingredienti per poter crescere e alzare l’asticella generale intorno alla Sampdoria. Non sono “distrazioni” ma catalizzatori di emozioni. Il fuoco dell’entusiasmo va cavalcato, non soffocato e questo noi sampdoriani lo sappiamo fin troppo bene. A Torino è iniziata male e finita peggio ma non bisogna commettere l’errore di crearsi alibi confondendo i sogni con utopie, campioni con “distrazioni” e l’essere protagonisti con l’eccessivo interesse mediatico. Uno schiaffo a cinque dita per ribadire che occasioni come queste non si ripetono tutti gli anni.
Colgo l’occasione per salutare e ringraziare il capitano Daniele Gastaldello che in questi otto anni ha dato tutto se stesso per la maglia. Calciatori e uomini così non ne passano tanti sui campi di gioco. In bocca al lupo per la sua nuova e stimolante avventura.