Scomparsa Mantovani, il ricordo del figlio Enrico: «Orgoglioso di lui» - Samp News 24
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2014

Scomparsa Mantovani, il ricordo del figlio Enrico: «Orgoglioso di lui»

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Sono passati 21 anni da quell’infausta giornata: il 14 ottobre 1993 Paolo Mantovani si spense all’età di 63 anni a causa di un cancro ai polmoni. Un male che l’aveva perseguitato negli ultimi mesi della sua vita. Una giornata che qualunque tifoso blucerchiato non avrebbe voluto vivere, perché Paolo Mantovani ha rappresentato l’artefice di quella Sampd’oro che ha incantato l’Italia calcistica a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Tanti i trofei e le soddisfazioni accumulate in quelle stagioni. A succedergli fu suo figlio Enrico, che ha voluto ricordare il padre nell’anniversario della sua scomparsa.

UOMO DI SOSTANZA – Forse Mantovani sr. avrebbe amato qualcosa di questo Doria: «Lui apprezzava la persona, insieme con il giocatore. Penso alla stima che aveva per un uomo come Bellotto: non un fuoriclasse, ma un personaggio con i valori giusti. Apprezzava la classse: i suoi giocatori sono stati Chiorri, Mancini, Vialli, Lombardo, Vierchowod… ma rischio di dimenticarne qualcuno. Nono conosco i giocatori di oggi, perciò sarei inesatto – commenta Mantovani jr. a “Il Corriere Mercantile” -. Quindi posso dire che papà apprezzerebbe sicuramente Sinisa, che ho avuto la fortuna di conoscere quando il presidente ero io: in panchina sta facendo davvero un grande lavoro e sono contento, sia per lui che per la Sampdoria, tirata fuori l’anno scorso da una situazione davvero brutta».

ORGOGLIO – Qualcosa è rimasto di Paolo Mantovani durante questi anni: «La sua figura pubblica ha ancora un grande risalto. Non mi sorprende l’affetto dei sampdoriani, comprensibile anche alla luce dei risultati ottenuti. Piuttosto mi inorgoglisce vedere come il consenso attorno alla sua figura abbia attecchito oltre i confini di fede della squadra da lui portata in alto. Non è tanto quel che ha vinto, quanto come ha vinto». Si chiede a Enrico cosa pensi ogni volta che sopraggiunge il 14 ottobre: «Tutta tristezza che torna, tristezza di figlio. Mi consola l’affetto intatto. Ricordo ancora il direttore della jazz band arrivata da New Orleans, che a fine cerimonia mi disse: «Signore, io ho suonato a tanti funerali di famiglia, ma non ho mai visto una commozione popolare come oggi: ne sia orgoglioso». Lo sono e lo sarò sempre».

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