Mancini: «A Istanbul vivo bene. Boskov fu il nostro salvatore. Tornare? Chi lo sa» - Samp News 24
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2014

Mancini: «A Istanbul vivo bene. Boskov fu il nostro salvatore. Tornare? Chi lo sa»

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È arrivato secondo nel campionato turco, terminato ieri, e ha portato a casa il suo tredicesimo trofeo da allenatore vincendo la Coppa di Turchia: è Roberto Mancini, stasera ospite di Fabio Fazio, noto sampdoriano, su Rai Tre a Che tempo che fa.

«È stata una buona stagione in Turchia per come era iniziata: a livello lavorativo mi sono trovato bene perché abbiamo preso la squadra che era nona in classifica e ora siamo arrivati secondi. Qualche settimana fa abbiamo vinto anche la Coppa: a Instanbul si vive benissimo, assomiglia molto a una città del centro sud italiano con più traffico, che è terribile. Non guido, però a volte vado in centro e il traffico lo trovo sempre. Il turco? Conosco qualche parola, ma è una lingua abbastanza difficile. Ho un ragazzo che lavora con me che mi fa da traduttore. Anche Lombardo e Salsano hanno imparato qualche parola di turco, ma è difficile davvero».

Mancini parla anche di come è arrivato al Galatasaray otto mesi fa, dopo il cambio di guardia al Manchester City: «Sarei voluto rimanere a casa con i miei genitori, perché per tanti anni non li ho visti. È capitata questa opportunità e ho pensato potesse essere un’esperienza totalmente diversa dalle altre, sia per il Paese che per il campionato. La differenza? Dal punto di vista geografico partiamo da Instanbul, che è una metropoli, e ci ritroviamo in città al confine con la Siria, dove vai con un’ora e mezza di aereo, non vedi nulla e nelle montagne trovi all’improvviso un aeroporto. Da quel punto di vista è stata una bella esperienza. A Instanbul ho preso casa sul mare, vivo bene anche grazie alle persone: i turchi sono molto disponibili. Ho un contratto di due anni, quindi dovrei restare lì, ma oggi non è facile per gli allenatori. Arrivare secondi è un risultato importante, perché andiamo direttamente in Champions League con questo piazzamento».

Fazio mostra un minuto di Mancini in blucerchiato ed è inevitabile tornare a parlare del passato: «Boskov è stata la nostra salvezza in quel periodo. Quando arrivò disse “noi siamo la Sampdoria, voi tutte le mattine venite con la barba fatta perché noi rappresentiamo la Sampdoria”. È stato fantastico per noi. Oggi il ruolo dell’allenatore è cambiato: non siamo più allenatori come prima, perché prima trovavi tutti italiani se eri in Italia, invece adesso trovi dei giocatori che vengono da altri paesi, con pensieri diversi, mentalità diverse: è tutto cambiato. Adesso siamo anche dei personaggi mediatici: all’epoca c’era meno tv, invece adesso tutti i giorni c’è una partita e sei sempre sotto i riflettori. Una volta l’allenatore andava in panchina con la tuta, io la metto a casa e per fare allenamento. A volte a casa sto anche con i boxer. La sciarpa annodata? Soltanto per un problema di cervicale, non per altri motivi. Quando andai a Manchester un tabloid dedicò un’intera pagina a come dovesse farsi il nodo alla sciarpa».

«All’inizio quando si comincia a fare l’allenatore pensi da giocatore: i primi anni è normale, poi prende il sopravvento la figura del tecnico. Qualcosa rimane sempre, perché giocare a calcio è una cosa meravigliosa e se ci giochi per 20 anni è normale che non puoi dimenticare tutto. Balotelli e Tevez? Giocatori perfetti, davvero: Mario è un ragazzo bravissimo, anche Carlos, poi è ovvio che ci possono avere divergenze. Sono felice di trovare giocatori di carattere, perché solo con loro puoi vincere qualcosa».

Fazio mostra, poi, i tre gol più belli di Roberto Mancini: Napoli – Sampdoria 1-4 del 18 novembre 1990, Lazio – Roma 3 – 3 del 29 novembre 1998, e Parma – Lazio 1-3 del 17 gennaio 1999: «Non mi ricordo tutti i gol che ho fatto, quindi penso questi vadano bene. Ho fatto 200 gol in carriera, quindi non è facile tenerli a mente. La tattica vincente? Se a fine partita hai vinto allora hai usato la tattica vincente. Tornare a Milano? Solo per la trasmissione, non per allenare. Io da tanti anni sono all’estero e mi sento bene: per un italiano all’estero qualsiasi sia il lavoro che fai, l’Italia ti manca sempre. Chi lo sa, in futuro».

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