2014
La terra della NON programmazione
La stagione della Sampdoria finisce così, con tredici reti (tra fatte e subite) nelle ultime due partite, in una pioggia di goal che fotografa abbastanza bene la gestione Mihajlovic. La noia non è certo stata una costante di questi ultimi sei mesi (e chi l’ha vista!), perché la Sampdoria ha giocato il miglior calcio dai tempi di Delneri: l’atteggiamento spregiudicato ha portato a segnare molto e, soprattutto a salvezza raggiunta, anche a subire molto. Al di là degli ultimi due mesi di evidente e quasi inevitabile calo mentale, la Sampdoria è riuscita a confezionare un grande risultato in un modo del tutto originale. Quando sembrava spacciata ha iniziato a vincere, giocandosela con chiunque e soprattutto con un atteggiamento diametralmente opposto a quello solitamente espresso dalle squadre che giocano per salvarsi. Giovani promesse e mezzi giocatori sono diventati pilastri, con la rara abilità di porsi da taumaturgo presso i giocatori, Mihajlovic è riuscito a prendere scelte difficili (gestione Obiang e allenamenti di lunedì mattina) e a modellare la crescita dei suoi a proprio piacimento. Grande motivatore, ma, direte, non è riuscito a evitare il calo finale. A questo punto mi vengono in mente recenti studi di macroeconomia e la curva di Laffer che esprime un concetto di fondo che è, secondo me, perfettamente aderente alla situazione: se aumenti l’aliquota oltre una certa quota finisci per ridurre il gettito fiscale, così come se continui a punire e sgridare rischi di diventare un odiato sergente più che un leader giusto.
Amo vedere le squadre giocare a calcio e ho a cuore i proposti dirigenziali di costruire un modello sostenibile fondato calcisticamente dai giovani ed economicamente dalle plusvalenze. E credo che Mihajlovic sia molto vicino al prototipo di allenatore che sceglierei per sistemare la panchina per un po’ di anni. Né le notizie di qualche giorno fa (seppur ottimistiche), né le parole di Mihajlovic di ieri lasciano presagire ciò che ci saremmo augurati e cioè un accordo consensuale in un contesto di programmazione chiaro e poco fraintendibile. Invece, sembra che i tempi per fare finalmente il passo decisivo per concretizzare i buoni propositi, non siano ancora maturi. L’accordo non sembra più così vicino, non è stato fatto molto per allontanare le voci riguardanti il futuro di Mihajlovic né per sottolineare, anche attraverso un lauto corrispettivo, la serietà del progetto. Il rischio di dover ri-smantellare tutto e ri-iniziare tutto da capo è lì, dietro l’angolo.
L’amara verità è che, forse, l’unico sbaglio della Sampdoria è stato quello di credere che un buon progetto, adeguato alla nostra realtà, potesse competere con le invitanti sirene delle grandi squadre. Perchè il passato ci insegna questo, a volte i progetti contano poco, a volte le grandi ambizioni personali offuscano i buoni propositi di una società che molto vorrebbe fare per Mihajlovic. Il problema a questo punto è solo la volontà dell’allenatore di Vukovar, che sembra puntare altrove.