Editoriale
Cos’è la difesa di un popolo?
Danilo che si scaglia contro Muriel dopo l’esultanza del colombiano è uno dei gesti più deplorevoli visti su un campo di calcio e, soprattutto, non difende alcun popolo
Prima che Udinese – Sampdoria diventasse una fiera del cartellino rosso, a fronte dell’alto tasso di ridondanza di una partita che serviva solo per consolidare il decimo posto, mi sono ritrovato a osservare per una volta il gioco della Sampdoria con il cervello quasi praticamente spento. Uno sguardo attonito su ciò che accadeva nel rettangolo di gioco, che mi ha portato a ricordare quando Walter Zenga ci aveva insegnato che il modo migliore per far giocare una squadra era dare palla al portiere e poi aspettare che questi la lanciasse in avanti, dove capitava. Non voglio star qui a scrivere cattiveria sul modo di costruire gioco di Zenga, anche perché ogni volta che lo faccio mi ritrovo in situazioni scomode (come quella volta a Milano, in un luogo completamente vergine di calcio, in cui mi ritrovai sua nipote a darmi del cretino): voglio star qui a far notare che gran passo in avanti ha compiuto la Sampdoria nell’ultimo anno. La classifica di quest’anno, d’altronde, a questo serve: a dare un segno di miglioramento statistico, che poi è spesso figlio di un miglioramento di quanto fatto vedere in campo. E quindi questo è stato ciò che mi si è palesato dinanzi agli occhi, di come Marco Giampaolo abbia spiegato a questa squadra il modo di giocare al calcio, di come funzioni far girare la palla e di come arrivare a segnare costruendo il proprio gioco. La costruzione deve partire sin da subito, perché questa è la differenza, a mio parere, tra una squadra che vince e quella che arranca. Come d’altronde era quella Sampdoria che è andata a prenderne quattro dal Vojvodina.
Detto ciò, e ribadito un concetto molto importante dal quale bisogna ripartire subito quest’estate, per preparare quella che spero possa essere una stagione di grandi soddisfazioni per la Sampdoria, per noi addetti ai lavori, per voi tifosi, estraggo dalla natfalina la mia divisa da arbitro di calcio quale sono stato fino al 2012 e vengo a snocciolare alcune teorie sul mattatoio allestito da Pinzani. Nell’immediato tardo pomeriggio di domenica ho sentito subito alcune teorie circa l’espulsione di Muriel e la più sensata, tra tutte quelle un po’ speculate, era la seguente: Pinzani, direttore della gara, avrebbe espulso Muriel in maniera precauzionale, ossia per evitare che il giocatore, rimasto in campo, potesse diventare bersaglio di tutti i suoi avversari. Già Jankto aveva dato impressione di non volerci andare leggero con il colombiano, figurarsi gli altri: quindi costringere Muriel a uscire dal rettangolo di gioco può esser stato più un favore fatto nei confronti dell’attaccante che altro. A fine campionato, con delle partite che hanno ben poco da dire, con gli avversari comunque in inferiorità numerica, può essere plausibile una scelta del genere che, a tutti gli effetti, non produce alcun danno alla Sampdoria. C’è comunque da dire che, con indosso i vestiti super partes, l’espulsione di Muriel, regolamento alla mano, è esagerata: l’attaccante non esulta sbeffeggiando nessuno, non offende alcuna tifoseria e Danilo non ha nessun “popolo” da difendere. Per quanto voglia bene a Gigi Delneri, questa dichiarazione – che ho riletto anche in qualche commento dei tifosi – è forse la più triste e qualunquista delle affermazioni snocciolate all’interno di uno sport. La difesa di un popolo cos’è? Una mano intorno al collo di un avversario che si prende la sua rivincita su chi lo sta fischiando da un’ora? Bella difesa. Che mi si spieghi, poi, anche quale popolo avrebbe difeso Danilo con questo gesto e qualche popolo ha effettivamente bisogno che sia Danilo a difenderlo.
Gabriel Silva ha anche parlato di mancanza di rispetto, perché Muriel ha giocato per quella stessa maglia che indossano oggi Danilo, Jankto e gli altri che hanno assalito il colombiano. Ancora una volta, allora, perché un giocatore dovrebbe avere rispetto là dove i tifosi non ne hanno? Il calciatore è un uomo, è una persona come tutte quelle che si siedono sugli spalti: non è né un gladiatore in un’arena, né un circense che paghiamo per fare il giocoliere. Un giocatore è libero di rispettare il passato che ritiene giusto venga rispettato, così come ognuno può scegliere se esultare o meno dopo aver segnato a una squadra, vedasi Higuain contro il Napoli. Questo episodio, e la conseguente reazione del “popolo” friulano, potrebbe portarci a ragionare a più ampio spettro. Danilo ha commesso un gesto deplorevole, che in un campo di calcio non si dovrebbe mai vedere, e mi auguro possa essere squalificato per almeno quattro giornate, se non di più. La difesa di un “popolo” lasciamola a chi non ha bisogno di mettere mani al collo di un’altra persona.