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Giampaolo e la rinascita Samp: «Un privilegio allenarla. Schick…»
Doveva andare al Milan dopo un anno d’oro a Empoli, ma Marco Giampaolo è ripartito dalla Samp: «I nostri giovani sono recettivi, di Muriel mi avevano detto che…»
Non capita sovente di vedere un tecnico ripartire dalla Lega Pro, dopo aver lavorato a lungo in Serie A. Marco Giampaolo lo ha fatto nel 2014, a Cremona: «Sono andato per una sfida con me stesso, non ho voluto prendere scorciatoie per tornare in A. Volevo scendere all’inferno e ripartire da lì. Ma non è stato un inferno: ho trovato una società molto organizzata e giocatori straordinari». Una strada che l’ha portata a Empoli, come ricorda il tecnico ai microfoni di “Tuttosport”: «E la scorsa estate ero a casa con la giusta serenità di aver fatto un ottimo campionato in Toscana, pensavo che qualcosa prima o poi si potesse concretizzare. La Samp, con Osti, è stato la prima a chiamarmi, a due-tre giornate dalla fine: se va via Montella…».
RINASCITA SAMP – Poteva andare al Milan e invece è stata la Sampdoria a prenderlo: «Bella società, squadra e tifoseria, un privilegio allenarla. Ho trovato disponibilità verso il mio lavoro». Una rivincita verso chi la dava per finito? «No, il riscatto lo fai sull’anno precedente. So che il prossimo anno devo migliorare questo, che è stato bellissimo: abbiamo battuto la Roma, il Milan in trasferta, due volte l’Inter. Poi i derby, un’atmosfera straordinaria, specie quando vinci, e lo abbiamo fatto due volte. Abbiamo sconfitto il Torino in casa. Speriamo di batterlo di nuovo sabato… Per i tifosi della Samp è una partita speciale, la vivono come un derby». Ha allenato tanti giovani e tutti stranieri. È stato complicato? «Sono recettivi: capacità di adattamento migliore di noi italiani all’estero e un ottimo livello di attenzione, guardano e imparano». Da anziani come Quagliarella? «Ha dato serietà professionale nel lavoro, fortificata da esperienza in grandi club. Ha portato affidabilità, gol, una leadership tecnica e carismatica». Ha recuperato Muriel. «Quando sono arrivato me l’avevano dipinto come uno anarchico, indolente. Grandi qualità e poco spirito di sacrificio. Oggi posso dire che è tutto il contrario, anche in questa fase che sta lavorando per rientrare».
GIOVANI E FERRERO – Sabato sera la sfida contro il Torino di un Belotti trascinatore, ben presente nei ricordi di Giampaolo: «Nel 2013 ero a Brescia, ho fatto un’amichevole con l’AlbinoLeffe. Non lo conoscevo, alla fine ho chiesto ai miei collaboratori: chi è? Mi aveva impressionato, mi piacque molto. Lui e Immobile sono due attaccanti verticali, quasi vecchio stampo: fanno male nelle finalizzazioni, bella presenza in area. Segnare più di 20 gol in Italia non è da tutti». La Samp, invece, può godersi Patrik Schick: «Quando è arrivato era ancora un giovane calciatore, ora ha acquisito la struttura del calciatore serio. Si vedeva che era bravo tecnicamente, pur se in modo ludico, fino a se stesso. Ha fatto miglioramenti straordinari. Vale una big? I numeri parlano per lui, 10 gol. E buona presenza. Il suo obiettivo ora è dare continuità». Ferrero risolve? «Abbiamo un ottimo rapporto: dall’esterno è una cosa, a tu per tu è un’altra. È molto intelligente, si è appassionato al calcio pur non capendone, e lo dice. Viene dal cinema, il suo vissuto gli fa capire uomini e psicologie, gli bastano cinque minuti per comprendere l’interlocutore, una grande qualità. Non ci confrontiamo sui contenuti tecnici, ci sono altre figure per questo. Lui parla di azienda, che deve andare in certo modo. E ha l’idea di come fare le cose per bene».
PANORAMICA – Il possibile sesto scudetto della Juve è un bene o un male per la Serie A? «Né un bene né un male, sono una macchina per vincere. Non è semplice conquistare sei scudetti, posso capire i primi dopo il purgatorio, ma poi cambiare giocatori e vincere… Ad Allegri ogni tanto rompono le palle. Lo fanno a uno che sta per arrivare al terzo scudetto, che in Champions è andato in finale e ora è in semifinale. Di cosa parliamo? Riusciamo ancora fare le pulci, a volte siamo fuori delle dimensioni. Se sono sempre lì, avranno grandi meriti. Bisogna studiarne il dna». Ci si chiede se Giampaolo abbia un modello di società: «La Juventus, ti contano anche i peli… La società migliore è quella che mette il tecnico nella condizione di lavorare bene sul campo. Può pensare solo ad allenare, il resto lo risolvono i dirigenti. Il club forte è quello che non crea problemi, ma li risolve».