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Quagliarella e lo stalking: «Avevo perso la serenità per giocare»
Fabio Quagliarella è rinato nell’ultimo periodo, ma non è stato facile: «Sono contento che tra me e Napoli sia tornato il sereno»
Si può definire “signore del calcio” un 34enne da 100 gol in Serie A, svariate presenze in nazionale ed esperienza da vendere? Si direbbe proprio di sì e non è un caso che Fabio Quagliarella sia protagonista dell’omonima trasmissione di Sky Sport, che andrà in onda stasera alle 23.45. “Il Corriere dello Sport” ha anticipato qualche passaggio di questa lunga intervista. Il primo riguarda il periodo di stalking subito per cinque anni: «Dal mio arrivo a Napoli, anzi già da un anno prima, iniziavano ad arrivarmi lettere anonime, minacce di morte, messaggi sul telefonino di ogni genere, a me, a mio padre, a mia madre, di qualsiasi natura. Attacchi brutti di pedofilia, di camorra. E da lì è iniziato un incubo. È iniziata a venire a mancare la serenità per giocare. Questo fatto era diventato un incubo, un’ossessione. Qualsiasi persona ti guardasse, tu avresti potuto dire “può essere lui, può essere l’altro”. E credetemi, io non amo tanto ritornarci su, perché fa male, perché è come riaprire una ferita che mi sono portato dietro per diversi anni. Non è una cosa di uno, due, tre mesi, stiamo parlando di anni e anni».
RICONCILIAZIONE – Non c’è dubbio, poi, che il perdono concesso dai tifosi del Napoli al 27 blucerchiato tramite uno striscione – esposto prima di una gara interna contro l’Atalanta – abbia fatto enormemente piacere all’attaccante: «Tengo molto al fatto che con la mia gente sia ritornato il sereno. Quello striscione che è stato esposto in Napoli-Atalanta, ho fatto fare un poster e ce l’ho a casa. ‘Nell’incubo in cui hai vissuto enorme dignità, ci riabbracceremo presto Fabio, figlio di questa città’. Cosa dire? Non era dovuto nei miei confronti, ma è una cosa che mi ha riempito il cuore all’ennesima potenza».