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2013

Samp al 14° posto nella classifica delle sponsorizzazioni

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Interessante inchiesta, pubblicata sulle pagine Guerin Sportivo di agosto, relativa alle sponsorizzazioni nel mondo del calcio. Nella stagione 2012/13, le venti società di Serie A hanno fatturato complessivamente 85,4 milioni di euro per la sponsor sulla maglia da gioco. Per la prima volta – segnala un’inchiesta “Report calcio 2013” curata dalla Figc – la massima serie nostrana ha sfondato quota 80 milioni. 

In questa speciale classifica, la Sampdoria figura al quattordicesimo posto. Per il terzo anno consecutivo Gamenet avrà il proprio logo sulle maglie blucerchiate. Per la sponsorizzazione della passata stagione, la concessionaria di gaming ha versato nelle casse di Corte Lambruschini 1,5 milioni di euro, sempre secondo l’inchiesta sopra citata. Sponsor ancora pù low-cost anche per Lazio (zero milioni), Genoa e Catania (1 milione), Udinese, Pescara e Bologna (1,4 milioni).

Capovolgendo la classifica, anche nel settore del marketing la Juventus si conferma la squadra regina della Serie A. l’azienda automobilistica Jeep paga il suo marchio sulle casacche bianconere 13 milioni. Seconde e terze le due milanesi: 12,9 paga la Pirelli all’Inter e 12 la Fly Emirates al Milan.

Il nostro marketing resta distante anni luce da quello europeo: il Barcellona riceve 30 milioni dalla Qatar Foundation, Il Manchester United da quest’anno metterà nei forzieri del club 60 milioni annui dopo il nuovo accordo con Chevrolet, senza considerare che la Qatar Tourist Authority ne versa 150 all’anno al Psg dello sceicco Al-Khelaifi. Tutta un’altra storia. Noi italiani ci dobbiamo accontentare del nostro gruzzoletto. 

La soluzione per ridurre il gap? internazionalizzazione, stadi di proprietà e avvicinamento al pubblico, questa la ricetta di Michele Uva, direttore generale di Coni Servizi: «L’internazionalizzazione con lo sviluppo delle singole società della Lega Serie A. Quando si parla di esportazione non bisogna pensare semplicisticamente alla tournèe in Asia, ma ad un discorso più strutturato. Il made in Italy tira ancora ed ha un appeal importante. Basta vedere quanti allenatori nostrani ci sono all’estero per capire come sia apprezzato il nostro calcio. Poi ci sono i margini di miglioramento legati alle strutture. Avere stadi di proprietà permette di aumentare gli introiti commerciali e di meglio adattarsi alle necessità degli sponsor. Terzo: l’avvicinamento al pubblico. Il tifoso non deve essere visto come un consumatore ma come un membro della società. In Inghilterra esistono liste d’attesa di anni per avere una membership (abbonamento ed altri benefit) ad una squadra mentre in Germania i tifosi hanno diritto di voto».

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