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Sampdoria, Pazzini: «In blucerchiato avventura meravigliosa. Sulla Champions e su Marassi…»
Sampdoria, Giampaolo Pazzini ha rilasciato un’intervista a Radio Serie A e non mancano gli spunti sull’avventura in blucerchiato
Giampaolo Pazzini non dimenticherà mai la meravigliosa avventura alla Sampdoria. In un’intervsta a Radio Serie A l’ex numero 10 doriano ha parlato dei suoi anni a Genova, dall’approdo ai preliminari di Champions fino alla discesa in Serie B:
ESPLOSIONE – «Alla Sampdoria c’è stata la mia esplosione. L’ultimo anno alla Fiorentina era arrivato Gilardino, lui giocava e mi era stato detto di trovare una sistemazione. Io volevo giocare, ero giovane e volevo prendermi le mie responsabilità».
AVVENTURA – «Quando allo arrivò la voce della Sampdoria io mi sentivo di andare là, anche se avevo un altro paio di squadre che mi seguivano. E tutto è andato come pensavo. È stata un’avventura pazzesca, intensissima, abbiamo vissuto un sacco di cose».
ANNATE – «Già nei primi mesi ci siamo salvati bene e siamo arrivati in finale di Coppa Italia. Purtroppo quello è uno dei miei rimorsi, perché vincerla con la Sampdoria sarebbe stato un grande traguardo. Abbiamo perso ai rigori dopo aver eliminato l’Inter dei campionissimi in semifinale. Erano stati 4-5 mesi molto e intensi quella poteva essere la ciliegina. Anche l’annata successiva coi preliminari di Champions è stata una cavalcata pazzesca, giocare a Marassi era incredibile: avevamo una mentalità, una sicurezza, un trasporto, un entusiasmo: era veramente bello».
MARASSI – «Marassi è uno stadio in cui chi gioca in casa sente quel qualcosa in più, perché i tifosi sono vicinissimi, li senti. Quell’anno, quando giocavamo in casa, già nel riscaldamento si sentiva il loro supporto, non potevamo non vincere. Ci davano quella carica e quella sicurezza giusta per raggiungere quelle imprese come la Champions».
MAZZARRI – «Nei miei primi mesi alla Sampdoria c’era Mazzarri. Nelle prime partite io avevo fatto dei gol, ma non mi sentivo dentro la manovra, e lì fu Mazzarri a dirmi che non era importante fare tanto movimento e sprecare energia, perché la palla mi sarebbe arrivata. Inizialmente feci fatica a comprendere, ma aveva ragione, perché in quei mesi feci 15 gol e fu per me un cambio di mentalità».