Gli Ex
Sampdoria-Modena, il doppio ex «Ai blucerchiati auguro la Serie A»
Paolo Conti, ex portiere di Sampdoria e Modena, ha parlato in vista del match del Ferraris della prossima giornata di campionato: le parole
Paolo Conti, ex portiere di Sampdoria e Modena, ha parlato in vista del match del Ferraris della prossima giornata di campionato. Ecco le sue parole rilasciate in un’intervista al Secolo XIX.
CALCIO – «Oggi non lo seguo più. Non mi entusiasma lo spettacolo. La passione si è affievolita. E poi incide pure la mia storia che oggi sarebbe impensabile. Sono stato cooptato dal calcio, no ho chiesto io di entrare in questo mondo».
INIZIO – «Giocavo con degli amici, un po’ portiere, un po’ attaccante. Mai fatto settori giovanili. Il portiere del Riccione doveva fare servizio militare, mai avevano notato, mi portarono in ritiro e mi misero subito in campo, in quarta serie, i dilettanti di oggi. Mi divertivo mi piaceva fare sport, ma non c’era una passione antica. Questo mi ha aiutato a non subire le pressioni. Probabilmente parare era la cosa che mi riusciva meglio, a un certo punto mi sono chiesto: “Vado o torno?”».
CARRIERA – «Il Modena in B è stata la mia prima squadra vera. Vent’anni, parto come riserva, mi buttano dentro e non prendo gol per 7 gare, credo sia ancora un record per un debuttante. Era destino, non potevano ribellarmi al calcio».
DIVISE COLORATE – «Prima c’era Cudicini, il Ragno Nero, colore che però si confondeva comn l’arbitro. I portieri usavano il grigio anonimo, ma io e gli altri volevamo rompere gli schemi, e scelsi l’arancione. Sono stato uno dei primi portieri a colori».
GUANTI – «All’epoca non li usavo in tanti paravamo a mani nude, pure d’inverno. E ti dicevano di bloccare non di respingere. I primi guanti in gomma non ti davano grossi vantaggi, li usavi solo con la pioggia. Ma le mani non hanno risentito, va peggio con altre articolazioni (ride)».
QUALITÀ MAGGIORE – «Dirigere la difesa, organizzarla. Prevedevo lo sviluppo dell’azione, guidavo i compagni. Prevenire è meglio che parare. E usavo tanto i piedi, uscivo, in questo ero moderno».
SAMPDORIA – «Gli albori dell’era Mantovani, c’era entusiasmo. Due anni, promozione in B bel campionato in A, mi alternai con Bistazzoni. Iniziavo a pensare al post-carriera a fare più fatica a stare concentrato, fui meno brillante che altrove, ma centrammo gli obiettivi. Eravamo un bel gruppo di amici, ricordo Mancini, Galdiolo e l’indimenticabile Zanone. Quando ho smesso ho fatto l’imprenditore. E pure il procuratore, su richiesta di ex compagni che mi chiedevano di tutelarli, ma oggi non lo rifarei. Ora vivo a Riccione, qualità di vita top».
CALCIO DI UN TEMPO – «Gli allenatori impongono il loro sistema di gioco, prima si adeguavano alle caratteristiche dei giocatori, cosa che ora fanno in pochi, tipo Ancelotti, lui si esalta i talenti, vedi lo stesso Pirlo. Noi eravamo meno tattici, fisici, tecnici, ma le personalità erano più forti, ci si prendeva più responsabilità, tante cose le decidevamo in campo, ci scambiavamo le marcature. Ora se c’è un rigore chiedono alla panchina chi deve tirare. Noi prendevamo la palla e andavamo sul dischetto, magari litigando. E poi ora c’è un pressing esasperato, noi giocavamo più spazi più larghi, ci si divertiva di più».
TALENTI DIVERSI – «Si ognuno aveva il suo Maradona, il 10 che ti faceva vincere con la sua genialità. La costruzione dal basso è di una noia mortale, Ottavio Bianchi diceva: “Se siete in difficoltà calciate sul centrale avversario e attaccate sulla respinta, così ci avviciniamo alla porta è il problema diventa degli altri”. L’essenza del calcio e il dribbling. Ora se ne vedono troppo pochi. E una battuta sul mio ruolo: c’è crisi dei portieri da quando ci sono i preparatori dei portieri. Non si può omologare tutto a un unico modello».
SAMPDORIA E MODENA – «Mille auguri, con grande affetto. Il posto della Samp è in serie A, spero ci torni il prima possibile. E anche il Modena ha una società che sta lavorando bene e presto ci tornerà».