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Ferrero a 360°: «Cessione, mercato e futuro. Svelo tutto sulla Sampdoria»
Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, fa una disamina della situazione: il calciomercato, l’addio di Pecini e la cessione del club
Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, fa il punto sulla situazione del club: il calciomercato, l’addio di Pecini, la cessione e i concordati. Le sue parole a Il Secolo XIX.
RANIERI – «Un grande allenatore, ma poteva fare anche un po’ di più. La sua idea di calcio è diversa dalla mia. Ma non è una critica».
GIAMPAOLO – «Ci abbiamo pensato, ma non avevo la percezione che fosse convinto di venire. E io ho già commesso un grave errore del genere con Di Francesco».
SAMPDORIA – «Sento dire in giro, anche nell’ambiente blucerchiato, che la Sampdoria sta a pezzi. Non è vero. Non parlo di me, ma questa è una mancanza di rispetto nei confronti di tante persone che si fanno il mazzo 24 ore al giorno per portare avanti i programmi della società. E in molti sono anche tifosi Sampdoriani. Ho la fortuna di avere una coppia, il direttore operativo Bosco e Panconi oggi consulente domani chissà, entrambi bravi professionisti e anche tifosissimi, che fanno funzionare i conti. Abbiamo sempre pagato gli stipendi, ci siamo allargati con calcio a cinque e il femminile in Serie A. La Primavera è arrivata in semifinale dei playoff. I lavori al centro sportivo sono ripresi».
CONCORDATI – «Roma è Roma. Genova è Genova. E le aziende della mia famiglia e la Sampdoria non sono sorelle. Voglio pagare tutti i debiti romani, creditori e tasse. Se una volta che i concordati avranno avuto l’omologa e che avrò dismesso i rami d’azienda romani, cioè i loro immobili, i soldi non basteranno per pagare i debiti… se, se, se… è stato costituito un trust che ha messo la Sampdoria come rafforzativo del piano concordatario, a garanzia. Ma eventualmente passerà del tempo».
CESSIONE SAMPDORIA – «Io sono partito male, ho sbagliato dicendo che l’inno non era bello. Ora per me “Lettera da Amsterdam” è poesia… poi quella cosa di Recco e Chiavari… mi hanno impiccato. Si è creato un clima ostile nei miei confronti. Comunicati, manifesti e pure una trattativa al giorno. Una serie di elucubrazioni e fantasie senza riscontri. Avrei già venduto dieci volte… Finiscono solo con l’eccitare la piazza e aizzarla. Io incontrerei i tifosi, se volessero, ma non si può, ci sono delle regole. In ogni caso, secondo me, non bisogna scordarsi che la Sampdoria viene prima di tutto. Di me, allenatori, calciatori…».
PECINI – «Damsgaard è arrivato grazie a lui. La Sampdoria è la sua casa, io un po’ il suo papà. È uno di quei figli irrequieti che vuole andare a fare delle esperienze. Tornerà».
CALCIOMERCATO – «Avendo perso anti soldi perla pandemia per mettere a posto il bilancio bisoga cedere qualcuno. Ma lo farò senza incidere sulla forza della squadra. E i giovani come Damsgaard ora ce li godiamo, o li vendiamo solo per una proposta indecente».
RIBERY – «Costa troppo».
KEITA – «Non abbiamo trovato l’accordo».
VIALLI E MANCINI – «Quando sono arrivato ero inesperto, ho detto che volevo vincere lo scudetto e mi hanno massacrato. Giustamente. I tempi sono cambiati, quel calcio non c’è più. L’Italia all’europeo con Vialli e Mancini? Peccato non ci siano più qui. Ora bisogna costruirseli in casa, come fanno Atalanta e Sassuolo. Una squadra di dieci Damsgaard e provare a salire sempre più in alto. E non è detto che ci riesci».
OSTI – «È il capo dei direttori sportivi italiani. Con Faggiano sono sicuro che ci starebbe benissimo. Io ho la qualità di percepire prima degli altri lo spessore degli umani. Uno è il diavolo, l’altro l’acqua santa, detto con simpatia. Osti è una persona ragionevole un valore aggiunto che conosce da anni le dinamiche di squadra e del mercato. Faggiano viaggia su altri binari, con lui è un po’ come il “Rischiatuto” di una volta».