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Papà Torregrossa: «Sampdoria Juventus? Ecco chi farei giocare»
Il papà di Ernesto Torregrossa fa il punto sul figlio, sulla Sampdoria e sui ricordi del passato: le sue parole al Secolo XIX
Il papà di Ernesto Torregrossa si racconta ai taccuini del Secolo XIX: il rapporto con il figlio, la trafila fino alla Sampdoria in Serie A e i paragoni con il passato.
QUAGLIARELLA – «Non voglio fare l’umile a tutti i costi, ma io da mister faccio giocare Quagliarella più che questo Torregrossa»
PADRE E FIGLIO – «Quando arrivi a giocare per la squadretta del tuo paese, in Seconda categoria, dopo aver giocato con Leo Junior al Toro, è come se fossi Maradona. Mi pagano il quadruplo, avevo il 10, mi trattavano da re. Sia chiaro, segnavo a go go e in quattro anni li ho portati dalla Seconda alla D. Ora se “Erne” decide di fare un altro gol come quello contro l’Udinese non vorrei che mi togliesse lo scettro. Lui è più forte di me, più fisico, pesante, più alto, più tecnico. E poi ha più testa, io ero uno che ha sfiorato il grande calcio ma non ha avuto testa per starci. Lui è più riflessivo, più uomo squadra e poi ha avuto me che gli ho evitato i miei errori: scalpitare, aver fretta, pretendere tutto e subito. Il calcio è anche attesa del momento, pazienza e preparazione».
ERNESTO – «Arriva al grande calcio già maturo, a 28 anni, ma con la testa di chi sa cosa deve fare. È uno, per farvi capire, che avrebbe il coraggio e la personalità di dire all’allenatore: mister, per questa partita metta il mio compagno, al mio posto, è più adatto lui. Ha molto senso di squadra».
CHI GIOCA – «Il papà vorrebbe giocasse il figlio, ovvio, ma il mister dice: non scherziamo, tra la B e la A c’è un abisso e ora in rosa ci sono attaccanti che si chiamano Quagliarella, Balde… Torregrossa è bravo, ma loro hanno già scritto pagine di storia e partono avanti. Starà al nuovo arrivato ritagliarsi spazio».
PARAGONI – «Io avevo lo scatto bruciante, ho avuto per anni il primato siciliano negli 80 metri, li facevo in 8.4 secondi. E pesavo 15 kg meno di lui. Lui però è più fisico e come dicevo ha più testa. Se lo vedete che inizia a fare dribbling, vuol dire che è stanco. Ora ha imparato che la tecnica non è fare tunnel ma darla via di prima, ma se ricapitasse…»
GOL – «Partito il cross ho visto che da come guardava il pallone avrebbe segnato. Io sono stato grande nei piccoli ma ho l’occhio di un attaccante di razza e i movimenti li vedo bene. Svisceriamo ogni partita al telefono, ma ripeto la sua testa è solo sua ed è un merito suo. Era così anche da piccolo. All’Udinese ricordo che portai quattro volte la famiglia su a Udine per stargli vicino perché aveva problemi e ogni volta Ernesto era fisso in tribuna. Per come sono fatto io, gli dicevo “vieni, torniamo a casa, non fa per te”. Lui non ci ha mai pensato, ha resistito, ha fatto tesoro».
RANIERI – «L’ho avuto un anno, ero ragazzino. Anche se Ranieri non lo ricorda un mio compagno ha ricordato che fu esonerato per colpa mia. Mi faceva giocare anche se ero prestito»