Blucerchiati in prestito
Kownacki e il gelo con Giampaolo: «Gli ho parlato due volte»
Kownacki torna sul rapporto con Giampaolo: «Abbiamo parlato due volte, quando sono arrivato alla Samp e quando me ne sono andato. Con Funkel un’altra storia»
Conclusi con successo i sei mesi di prestito al Fortuna Dusseldorf, Dawid Kownacki farà di tutto per essere riscattato e rimanere in Germania. Dopo la rottura con la Sampdoria avvenuta a gennaio e il duro sfogo contro il club, l’attaccante polacco non vuole fare ritorno a Genova: «Ho un carattere pesante – ammette il classe ’97 – non me ne sto seduto tranquillo se so che non va tutto bene. A volte non penso nemmeno alle conseguenze, parlo e basta. Non mi devo scusare di essere vivo. Al contrario, ho fatto progressi perché mi so mordere la lingua adesso: una certa frase in un certo momento può complicarti la vita. Spero di rimanere qui, i primi contatti ci sono già stati. Sul campo ho dimostrato che sono affidabile e che farebbero bene a puntare su di me. Ho parlato con il presidente del Fortuna e anche con l’allenatore, mi hanno detto che faranno di tutto per tenermi. Mi hanno introdotto in Germania e mi hanno dato una chance».
Una considerazione di cui l’ex Lech Poznan non ha potuto godere in Italia, con la maglia della Sampdoria: «L’estate scorsa ero ai Mondiali in Russia, ho giocato, mi sarei aspettato di essere preso più sul serio e molto più aiuto. Mi allenavo duramente, non sono il tipo di giocatore che annoia l’allenatore facendo domande sul perché non gioca. Il morale andava giù, ma ho avuto abbastanza forza per dire basta. Quelle poche volte in cui sono sceso in campo, ho dato una mano alla squadra: ho segnato in campionato, in Coppa Italia, ho fornito un assist contro la Lazio». Un rapporto complicato, quello con Marco Giampaolo: «Mi sembrava logico che, se il mister fosse stato scontento di me, mi avrebbe preso da parte e detto due paroline. E invece non mi ha mai detto niente, abbiamo parlato in tutto solo due volte: quando sono arrivato alla Samp e quando l’ho lasciata. Non ho ancora una risposta – ammette ai taccuini di sportowefakty.pl – sul perché non abbia creduto in me».
Kownacki riavvolge il nastro e torna a quei giorni di trattative tra la Sampdoria e il Fortuna Dusseldorf: «Erano sei mesi che non giocavo e volevo andarmene. Ho avuto il permesso dal club, ma poi la Samp ha iniziato ad alzare il prezzo. Il Fortuna era già d’accordo su tutto, poi Caprari si è infortunato e improvvisamente sono diventato necessario, dopo una settimana di allenamenti individuali. Ero arrabbiato, non volevo andare neanche al campo per allenarmi: lo facevo, ma vedevo i miei compagni giocare con la palla, mentre io dovevo passare un’ora o un’ora e mezza tra corsa e palestra. Non era il massimo della vita. Ho chiesto di parlare di parlare con Giampaolo – ricorda il classe ’97 – e gli ho detto chiaramente che volevo andarmene».
Un trasferimento azzeccato, quello in Bundesliga, anche per il nuovo rapporto instauratosi con l’allenatore Friedelm Funkel: «Avevo bisogno di cambiare aria, campionato. A dire il vero, sapevo che ce l’avrei fatta in Germania. Nel Fortuna gioco come ala e si punta molto sul contropiede, mi piace molto. All’inizio avevo un po’ paura dell’allenatore: pensavo, “62 anni, tedesco, probabilmente un sergente di ferro”, e invece Funkel si è rivelato eccellente sia come professionista sia come uomo. Ha dimostrato grande comprensione quando mia figlia è nata: dopo una partita sono andato 2-3 giorni in Polonia per vedere lei e la mia compagna. Ho passato notti insonne, perché Lena piangeva, e il mister lo ha capito perfettamente, è padre anche lui. Mi ha concesso pause quando ne ho avuto bisogno, mi ha presentato alla squadra e mi ha sempre dato la sensazione di apprezzarmi e di aver bisogno di me. È stato un grande cambiamento in meglio per me, in Italia non ho avuto contatti con l’allenatore per un anno». Faccende di mercato a parte, Kownacki farà ritorno in Italia a giugno per disputare gli Europei U21 con la sua Polonia: «Sì, lo so, la Sampdoria, la vendetta, giochiamo in Italia e così via. Non penso, tuttavia, di dover dimostrare qualcosa a qualcuno», conclude.