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Garrone a tutto tondo: dalla retrocessione alla gestione Ferrero

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L’ex presidente della Sampdoria fa il punto della situazione: dai cori contro Napoli alla gestione Ferrero

Edoardo Garrone è intervenuto ai microfoni di Telenord per fare il punto della situazione in casa Sampdoria, a una giornata dal termine del campionato. L’ex presidente blucerchiato ha inizialmente affrontato l’attualità dei cori discriminatori verso la città del Napoli, offrendo il proprio punto di vista: «La questione è stata gonfiata più del dovuto, complici le proteste di Sarri e la sospensione della partita. Non sono i primi cori sbagliati che si sentono negli stadi, si è ecceduto sia da una parte sia dall’altra. Ferrero non avrebbe potuto comportarsi diversamente, si è rivelato coerente con quanto sostiene: il calcio è divertimento, spettacolo e va preso con leggerezza. Molti suoi colleghi predicano bene e razzolano male. Purtroppo la reazione della tifoseria nei suoi confronti è dovuta al malcontento per il comportamento e la mancata qualificazione all’Europa League. È più facile ricordare l’ultima sconfitta della prima vittoria, penso che però i tifosi temano una rivoluzione totale della squadra. Per forza di cose qualche elemento prezioso verrà ceduto, la Sampdoria ha necessità di creare le condizioni per reinvestire. C’è da dire che in questi quattro anni Ferrero non ha fatto per niente male. Lo dimostra il bilancio di quest’anno che reputo positivo. Non possiamo negare che il gioco della Samp sia ottimo, malgrado qualche partita sottotono. Per non parlare dei singoli: Praet e Quagliarella mi hanno stupito, Andersen e Bereszynski mi piacciono tantissimo. Per Caprari invece congelo il giudizio, può fare di più».

Sulla gestione di Ferrero ha poi continuato: «Ha fatto tanti investimenti e ne ha sbagliati forse un paio. È riuscito a scegliere il tecnico giusto che valorizzasse i giovani e gli investimenti stessi. La mia famiglia ha gestito la Sampdoria con cuore, passione, impegno e sforzi economici, però per realtà medie una società di calcio va considerata come l’unica azienda che si ha. Non si possono delegare i manager, perché come in tutte le cose l’occhio della proprietà fa la differenza. Se poi andiamo a vedere solo i risultati sportivi il passato è stato anche meglio, adesso però se non c’è il ritorno economico le società falliscono. Noi abbiamo lasciato una società con la benzina, lui per certi aspetti l’ha migliorata, ne ha consumato un po’ ma ha riempito nuovamente il serbatoio. Capisco che dal punto di vista patrimoniale non possa dare le stesse garanzie, ma una corretta gestione patrimoniale offre garanzie. Le società di calcio sono considerate investimenti ad alto rischio, di conseguenza la garanzia la deve dare la società. Mi auguro comunque che sappia trattenere Giampaolo esponendo il piano societario e analizzando le scelte tecniche da compiere. Ha il diritto di sapere cosa potrebbe accadere. Spero nella stessa sorte per Osti, persona seria che stimo tantissimo, e Pecini, che arrivò dal Monaco per amore dello scouting».

Garrone è infine tornato indietro nel tempo, ripercorrendo le tappe principali della sua era: «Genova è una città difficile, il progetto di mio padre dello stadio all’aeroporto era straordinario dal punto di vista logistico, ma qualcuno ci ha bloccato. Come il mio alla Fiera, che poi è fallita e l’area inutilizzata. Al giorno d’oggi è fondamentale avere uno stadio di proprietà, non credo nella gestione condivisa tra due club. Negli anni in cui ho seguito la Samp ho vissuto più dolori che gioie, in alcuni momenti ho davvero faticato. È un mondo che ti consuma, tra la tensione del campionato e lo stress del calciomercato. Il periodo più complesso fu la retrocessione, la Serie B ci costò 50 milioni di euro. Se potessi tornare indietro, prenderei decisioni di mio pugno senza farmi consigliare, come successe con l’esonero di Iachini. L’unica mia scelta fu quella di assumere Mihajlovic. Marotta si portò via Paratici e Delneri, Cassano perse la testa, Pazzini chiese più soldi altrimenti se ne sarebbe andato. La società non aveva un capo, ci furono comportamenti inaccettabili di alcuni giocatori e una serie di scelte sbagliate. Nessuno però avrebbe scommesso sulla promozione, nessuno ci era mai riuscito da sesto nei playoff. Ricordo con emozione la notte di Varese».

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