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Schick rivela: «Ecco perché scelsi la Samp. Giampaolo mi fece arrabbiare»
Schick racconta la sua avventura a Genova: «Ero attratto dal sole, dal mare e dal cibo. Con Giampaolo all’inizio non ci siamo amati»
L’avventura di Patrik Schick con la maglia della Sampdoria è durata meno di quanto i tifosi blucerchiati sperassero: verso l’inizio della scorsa stagione c’era molta curiosità attorno a questo giocatore arrivato dalla Repubblica Ceca, e verso marzo già tutti sapevano di avere a che fare con un vero e proprio crack. Difficile riuscire a tenerlo in rosa, tanto che molti top club hanno provato a prenderlo. Alla fine l’ha spuntata la Roma, che l’estate prima aveva perso l’asta per l’attaccante proprio con i blucerchiati e che in quest’ultima sessione di calciomercato ha comprato il giocatore per una cifra complessiva dieci volte superiore a quella sborsata dalla Samp lo scorso anno. Del suo passaggio in Italia e del campionato passato a Genova Schick ha parlato in una lunga intervista rilasciata al portale ceco reportermagazine.cz: «Lo Sparta Praga mi aveva proposto un rinnovo a cifre basse, un contratto che il mio agente Paska gettò immediatamente nel cestino. Io valutai la proposta del club e quella della Sampdoria e dissi ai dirigenti “Se mi lasciate andare adesso, guadagnerete; altrimenti me ne andrò gratis alla fine del contratto».
Il braccio di ferro fu vinto dall’attaccante, che fra tre club che lo volevano scelse di andare alla Sampdoria: «Ero attratto dal comfort del Sud: sole, mare, cibo. Appena arrivato a Bogliasco capii però che non sarebbe stato facile. L’allenatore Giampaolo mi chiese “Come ti chiami?“, ed io pensai “Ahi, non sa nemmeno chi sono…”». Schick racconta di essersi sentito solo per le prime settimane: in Boemia dopo l’allenamento si ritrovano tutti per un caffè, alla Samp questo non succedeva, ognuno andava via. L’unico amico fuori dal campo era Skriniar. Anche non giocare, inizialmente, non fu facile: «Le prime partite fui solo spettattore, ero arrabbiato e mi chiedevo se non sarebbe stato meglio restare a Praga. Poi arrivò la gara di Torino contro la Juve, e Giampaolo, viste le poche possibilità di successo, fece riposare i migliori e fece giocare quelli su cui non contava».
Nonostante il gol alla Juve, il rapporto con Giampaolo non era decollato, tanto che l’attaccante continuava a fare panchina: «Contro il Torino Giampaolo mi fece scaldare per fino all’85’, per poi farmi sedere di nuovo in panchina dicendomi che sarebbe entrato qualcun altro. Io ero abbattuto, ma poi l’arbitro lo allontanò dal campo per proteste, e il suo vice scelse di farmi entrare. Subito dopo il mio ingresso, segnai». Da lì in avanti fu un’escalation di notorietà; tutti lo riconoscevano, tutti volevano un autografo, un selfie. A fine anno, Schick volle lasciare la Samp per trasferirsi alla Juve: «A giugno già mi sentivo un giocatore bianconero. Dopo i problemi emersi durante gli esami medici, la Juve mi disse di non volermi più comprare. Ero nervoso. Poi è arrivata la Roma e sono diventato il giocatore più costoso della storia del club: un gran cambiamento per me, dato che nessuno sapeva il mio nome prima. Ma sono stato contento di firmare e di potermi concentrare solo sul calcio».