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2015/16, il pagellone: Joaquin Correa
Che strano giocatore, Joaquin Correa. Un po’ come Muriel, dà quella sensazione quasi irritante di chi potrebbe fare cento volte meglio per le qualità possedute, e in molte occasioni non fa nemmeno il minimo indispensabile. Ormai alla Sampdoria da circa un anno e mezzo, per El Tucu la seconda stagione nel calcio italiano avrebbe dovuto essere quella della consacrazione, ma così non è stato.
Certamente in questo 2015/2016 si sono visti alcuni miglioramenti rispetto allo scorso anno, in cui comunque aveva giocato poco, e una valutazione reale del giocatore era difficile da fare. Mihajlovic, amante delle squadre concrete e ciniche, non lo vedeva nella sua Samp, e ora abbiamo capito il perché.
Ha trovato invece spazio sia con Zenga che con Montella, potendo così mostrare la sua velocità e la tecnica sopraffina, ma anche i suoi difetti. Certo, ha solo 21 anni e proviene da un calcio totalmente diverso, in cui viene messa in risalto la spettacolarità di questo sport, ma l’ex-Estudiantes ormai dovrebbe aver assimilato i princìpi in cui si trova immerso da gennaio del 2015. Stupisce con i suoi strappi in velocità, ma subito dopo delude per l’ingenuità con cui si fa portare via il pallone; salta l’uomo con una facilità disarmante, ma non riesce a fare l’ultimo passaggio per mandare in porta il compagno di turno.
Senza contare il gol divoratosi contro l’Inter, di cui non riesco ancora a capacitarmi e su cui non voglio accanirmi, quelli segnati sono stati per sua sfortuna tutti inutili ai fini dei risultati. Contro Carpi, Bologna e Napoli sono arrivate le sue uniche tre reti stagionali, ma anche tre sconfitte. A mio avviso poco funzionale in posizione di trequartista per scarsità di intelligenza tattica e visione di gioco, si esprime al meglio in posizione di esterno sulla fascia sinistra, zona in cui esalta le sue caratteristiche e dove le molteplici palle perse (quelle temo rimarranno sempre) sono meno pericolose per innescare contropiedi avversari. Non a caso le partite in cui è stato posizionato in quel ruolo, perlopiù sotto la gestione Zenga, sono quelle in cui ha reso meglio pur non segnando.
Speriamo che tornare in Sudamerica, data la sua possibile convocazione in Nazionale per le Olimpiadi di Rio, non gli faccia riassaporare quel calcio che qui non funziona e di cui deve dimenticarsi. Per l’anno prossimo vorremmo tutti vedere un Correa diverso, più concreto e convinto, ma soprattutto più prolifico, perché i margini di crescita ci sono. L’investimento ora deve dare i suoi frutti. Se dobbiamo guardare al presente, però, la sua stagione ha vissuto di alti e bassi: complessivamente non gli si può dare più di 5,5.